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Channel: Giornalettismo » Viola Afrifa
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Multi Level? multi fregatura

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Le aziende a piramide promettono ricavi ottimi con il minimo sforzo ma chi ci guadagna veramente sono i top manager, moderni Tutankamon in barba a un esercito di creduloni.

Cosa hanno in comune un aspirapolvere, un barattolo a chiusura ermetica, una padella, un residence in Costa del Sol e un integratore alimentare? Sono tutti prodotti che un giorno o l’altro (se non è già successo) vi verranno proposti da un amico, un conoscente o, ancor peggio, da un familiare insieme alla promessa di avere in serbo per voi l’affare del secolo che vi farà diventare ricchi sfondati. Il dettaglio che spesso omettono, spesso in buona fede, è che stanno per tirarvi dentro la spirale del Multi Level.

DIFFUSIONE CAPILLARE – A cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta, il Multi Level Maketing (conosciuto con l’acronimo MLM) nasce come metodo di promozione e distribuzione di prodotti che mira alla diffusione di questi in modo capillare al fine di raggiungere quelle zone geografiche lontane dai centri urbani e che quindi trovano più difficoltà ad approvvigionarsi di beni “alla moda”. In particolare, negli Stati Uniti, la nazione che ha dato i natali al MLM, è Nutrilite, azienda creata nel 1934 e specializzata in prodotti naturali, dietetici e integratori alimentari, a creare per prima un programma di network marketing spianando la strada ai colossi come Amway (che dal 1972 controlla Nutrilite per intero) e Herbalife. Ma definire “network” un sistema che di per sé è una piramide è solo l’ennesimo stratagemma per trasmette un messaggio di democrazia, collettività e opportunità, che nel concreto poco hanno a che vedere con il Multi Level. Ma andiamo a vedere in soldoni come funziona il marketing piramidale.

COME FUNZIONA – Il vostro conoscente/amico/parente vi contatterà per presentarvi un prodotto o una gamma di prodotti portentosi di marchi che non si trovano nei tradizionali canali di distribuzione. Probabilmente vi inviterà a casa sua e vi offrirà anche un caffè. Se il vostro contatto è alle prime armi, si farà trovare in compagnia di una terza persona. Il suo sponsor Multi Level ovvero colui da cui è stato a sua volta reclutato e che evidentemente sarà un esperto del sistema. Partirà la presentazione del barattolo/pentola/aspiratore con funzione macchina da caffè e depuratore dell’acqua incorporato di cui vi verranno illustrate le qualità fenomenali e il prezzo. Troppo alto, direte voi. E’ a quel punto che vi verrà mostrata la seconda via: lo puoi avere con lo sconto del 30% se diventi uno dei nostri. E cosa comporta questa affiliazione? E soprattutto, qual è l’affare del secolo e il segreto che mi farà diventare ricco? Entrare a far parte della nostra azienda, che è in realtà una grande famiglia, ti permette di guadagnarci in tre modi:

  1. Puoi accaparrarti il tritatutto con radiosveglia e macinino risparmiando un terzo;
  2. Puoi rivenderlo ad un prezzo maggiorato, che decidiamo noi, e tenerti tutta l’eccedenza;
  3. Se i tuoi amici/conoscenti/parenti diventano venditori avrai una percentuale sul loro venduto e inizierai la tua scalata verso la vetta della piramide finché le provvigioni non saranno così alte e continue da permetterti di lasciare il lavoro, trasferirti a Formentera e grattarti la pancia da mattina a sera.

Ora, i primi due punti possiamo anche depennarli. Perché?

A) I prodotti in linea di massima non sono un granché. Anche se la qualità fosse effettivamente alta, il prezzo anche se scontato è totalmente fuori mercato (per eccesso). E poi diciamocelo, non siamo nell’America rurale degli anni Trenta. Se voglio un bene di lusso me lo cerco su internet senza passare per il ML.

B) Rivendere presuppone che io il prodotto me lo debba comprare. Ma non avevamo detto che era un modo per guadagnare senza rischi? Il mestiere del venditore non è per tutti. C’è inoltre il rischio che il mercato di un determinato prodotto divenga saturo mentre cel’ho in garage. Se non riesco a piazzare la merce in tempo mi ritrovo al verde e con la casa invasa da un esercito di padelle con termostato e suoneria polifonica. Niente paura. Se non sai vendere te lo insegnamo noi, con le pratiche brochure, seminari e dvd a pagamento prodotti da aziende esterne create da alcuni nostri top manager che ce li hanno rivenduti. Una cosa lineare e per niente losca (e Amway ne sa qualcosa).


Stasera tutti al Klax a vedere le sexy mamme

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Dopo le Disperate, arrivano le casalinghe Spogliarelliste che stasera in un locale di Dresda si sfidano all’ultima lap dance.

Se stasera passate da Dresda (così, per caso) fate una puntatina al Klax, un locale su Leipziger Strasse ma state pronti, è un night, non aspettatevi un ambiente sofisticato e gente alla moda. Stasera però è decisamente il “place to be” perché è il terreno dove le casalinghe (e casalinghi) più avvenenti e esuberanti della città si fideranno per accaparrarsi il premio finale di 1000 euro.

GETTONE DI PRESENZA – Wolle Förster (in foto, con la t-shirt alla moda), che manda avanti la baracca, avverte: “la competizione per strip-casalinghe è unica nel suo genere perché le concorrenti sono vere, non macchiette. Non ci interessa la bellezza. Cerchiamo l’originalità”. In pratica funziona così: ti iscrivi e solo per il fatto di presentarti ti viene dato un gettone di presenza (sì, come le hostess di Berlusconiana memoria) da 100 euro per il coraggio (e perché è solo grazie alle povere casalinghe al macello che il mitico Klax fa il tutto esaurito). Quindi, gettone di presenza assicurato. Poi a turno i concorrenti si esibiscono sui tavoli, manco sul palco con  il palo e tutto quanto. Chi vince poi riceve 1000 euro tondi tondi più magari qualche banconota nelle mutande.

UMILIAZIONE UNISEX - Ricordiamo che è una competizione dedicata sia agli uomini che alle donne, aspetto che rende il concept un po’ meno squallido ma non meno grottesco. Ma in fin dei conti finché si resta nel lecito ognuno si diverte come crede. La gara per casalinghi disperati giunge oggi alla sua decima edizione annuale che si prospetta un successo come sempre se non di più. Se qualcuno volesse partecipare, basta telefonare al +4901723502832 e dare le proprie generalità. Portatevi un completino intimo di dubbio gusto e guadagnatevi due soldi facili, per quanto giocarsi la reputazione nudi su un tavolo di Dresda non abbia un prezzo.

Matrimoni gay in Chiesa? In Svezia è possibile

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Durante l’ultimo anno sono 142 le coppie omosessuali convolate a nozze di fronte a Dio. Pochissime rispetto a quelle etero, ma la libertà non è una questione di numeri.

Più volte Giornalettismo si è occupato di diritti degli omosessuali nel mondo, spesso per raccontarne le violazioni e le discriminazioni annesse e connesse. Quando invece si parla di Svezia e legislazione dedicata ai gay, il panorama è roseo: è di oggi infatti la notizia che nel corso dell’ultimo anno ben 142 coppie omosessuali non solo sono convolate a nozze, ma lo hanno fatto in chiesa.Il primo maggio dell’anno scorso il Parlamento svedese ha legalizzato il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso.

L’ULTIMO STEP - Già nel 1995 le coppie omosessuali svedesi, o immigrate ma legalmente residenti in Svezia, potevano avvalersi dell’unione civile che permetteva loro di godere di quasi tutti i diritti riservati alle coppie sposate: tra questi adozioni congiunte, fecondazione in vitro e divisione dei beni in caso di separazione. Ma alle coppie di fatto omosessuali mancava l’ultimo step per raggiungere la vera parità: il matrimonio civile e, perché no, davanti a Dio che è entità ad appannaggio di tutti e non solo degli eterosessuali. Nel 2004, fu creata un’apposita commissione parlamentare che investigasse sull’opportunità di estendere il matrimonio alle coppie dello stesso sesso e di convertire automaticamente le già esistenti coppie di fatto in coppie di coniugi. Alle istituzioni religiose veniva invece lasciata la possibilità di decidere per conto loro come porsi riguardo a questo tema. Morale della favola: tre anni dopo, mentre anche i sondaggi davano il 71% degli svedesi a favore del matrimonio gay, la commissione ha prodotto un rapporto che conteneva la bozza di riforma che fu approvata da sei partiti su sette, da destra a sinistra, fatto salvo il prevedibile Partito Democristiano che si oppose in nome della salvaguardia del valore simbolico e tradizionale del matrimonio. Per i sostenitori della riforma invece, che hanno vinto la votazione con 261 voti contro 22 contrari e 16 astenuti, l’impatto di questa sarebbe stato minimo visto che già le unioni civili garantivano una quasi sostanziale parità, ma legalizzare il matrimonio gay sarebbe stato il gesto definitivo e simbolico dell’equità sostanziale tra i cittadini svedesi.

CON LA BENEDIZIONE DELLA CHIESA – Ma è a fine 2007 che avviene il miracolo: la Chiesa Luterana di Svezia, la prima istituzione religiosa del Paese per importanza e per numero di membri,  in un comunicato dichiara di essere a favore dell’unione gay davanti a Dio ma chiede al Governo che il termine “matrimonio” resti dedicato solo alle coppie etero. Questioni di forma che non cambiano la portata rivoluzionaria della posizione dell’autorità religiosa svedese. Oltretutto, una volta passata la legge, la Chiesa di Svezia ha ritirato la richiesta “lessicale” sancendo in via definitiva la propria benedizione ai matrimoni gay. Il tutto sotto gli occhi delusi e arrabbiati della Chiesa di Roma e la Chiesa Pentecostale, fortemente contrarie alle unioni omossessuali.

POCHI MA BUONI - Tornando ai dati di oggi: 142 coppie gay si sono sposate in chiesa durante questo ultimo anno. Poche, direte voi, soprattutto rispetto ai circa 20 mila matrimoni etero che si sono tenuti durante lo stesso arco di tempo. Christina Grenholm, capo della Segreteria teologica ed ecumenica della Chiesa di Svezia (una donna..) ieri ha affermato: “Non importa quanti siano i matrimoni gay che sono stati celebrati. La cosa importante è che questi si siano effettivamente potuti tenere”. Posizione condivisibile. E poi molto probabilmente, se finora le coppie gay in Svezia avessero vissuto in un regime di discriminazione e di oppressione, appena dato il via libera si sarebbe scatenata la corsa al matrimonio. Forse è proprio il clima di tolleranza e di sostenziale uguaglianza di fronte alla legge (e ora a Dio) che non crea l’urgenza. E poi chi l’ha detto che il matrimonio sia più desiderabile di una efficiente e appagante unione di fatto?

La vita (e la morte) infinita delle mine anti-uomo

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In alcune parti del mondo c’è ancora chi muore per i ricordini lasciati dalle guerre finite da un pezzo. Somigliano a giocattoli ma sono subdole e crudeli perché mirano a mutilare senza uccidere.

In Afghanistan le mine anti-uomo pronte a dilaniare chi le pesta o chi le tocca sono ancora circa 10 milioni: ce n’è una ogni tre abitanti. Questa è uno dei tanti dati che si leggono nell’articolo uscito su Foreign Policy a firma Paul Salopek. Sono munizioni piccole e di poco prezzo alcune delle quali stanno lì, sotto qualche centimetro di terra, addirittura dai tempi dell’invasione sovietica di 30 anni fa ma continuano a mietere vittime a distanza di tempo perché una volta minato un campo, sminarlo costa tempo, competenza e denaro, risorse che in tempo di guerra scarseggiano.

COSA E DOVE SONO – Le mine anti-uomo sono dispositivi esplosivi progettati per essere attivati dalla vittima (victim-activated weapons) che esercita pressione sulle stesse o su fili collegate a queste. Un tipo in particolare, le mine a frammentazione (vi ricordate i pappagalli verdi di Gino Strada? foto) una volta attivate, si alzano ad un metro da terra, ad altezza d’uomo, e esplodono in migliaia di proiettili e frammenti metallici che si conficcano nel corpo della vittima. Dato che sono bombe che non hanno un bersaglio specifico possono ammazzare indiscriminatamente civili che si imbattono in un’arma dimenticata: i dati di FP rivelano che la percentuale dei civili colpiti va dal 65 all’80% delle vittime totali. Gli effetti immediati di una detonazione possono essere la cecità, la perdita di arti e ferite da shrapnel il tutto risultante in amputazioni e setticemie secondarie date proprio da questi interventi. Durante la guerra, le mine vengono poste in prossimità di foreste, deserti, strade, campi coltivati, sentieri, tratti di frontiera, pozzi e case. Spesso l’obiettivo è impedire l’accesso all’acqua e al cibo e limitare la libertà di movimento della popolazione verso gli ospedali o le scuole. Un altro obiettivo potrebbe essere quello di impedire il trasposrto di aiuti umanitari.

NUMERO INIMMIGINABILE - Sono 76 i Paesi e i territori i tutto il mondo che sono ancora minacciati dalle mine anti-uomo di cui è totalmente impossibile stimare il numero. Il problema è che i costi di sminamento sono a carico del Paese interessato che spesso e volentieri è reduce da anni e anni di guerra sanguinosa e dispendiosa. Rendere il territorio sicuro è quindi un lusso che paesi sono l’Afghanistan, l’Angola o la Cambogia non hanno alcuna intenzione né capacità di ottenere. Quello che però il resto del mondo può fare è aggredire il problema alla base inibendo i Paesi a produrre e conservare le mine anti-uomo. E’ questo l’obiettivo del Trattato di Ottawa del 1997.

IL TRATTATO DI OTTAWA – Altrimenti conosciuto come “Trattato per la Messa al Bando delle Mine” (Mine Ban Treaty), questo si prefigge l’obiettivo di debellare il problema alla sorgente proibendo l’uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di mine anti-uomo e mira alla distruzione delle mine ancora in magazzino. Il trattato è entrato in vigore il 1 marzo del 1999 e rappresenta il più completo e autorevole documento sul tema riconosciuto e rispettato dai 156 Paesi firmatari. Tasto dolente: scorrendo la lista dei Paesi non firmatari è interessante notare la presenza di Cina, Egitto, Finlandia, India, Israele, Pakistan, Russia e Stati Uniti. A parte la Finlandia (la cui riluttanza rappresenta un vero mistero, che stia approvvigionando qualche Stato canaglia? Oppure semplicemente è talmente poco belligerante da non sapere proprio dell’esistenza del trattato?), il dato che stupisce è la volontà degli Stati Uniti di starne fuori. L’amministrazione Obama non ha cambiato di un millimetro la decisione di George W. Bush e continua a non firmare il Treaty. Human Right Watch, attraverso le parole di Steve Goose, direttore della sezione armamenti, ha affermato la sua contrarietà: “La decisione del presidente Obama di rimanere legato alle mine antiuomo mantiene gli Stati Uniti su una posizione sbagliata, anacronistica, e contro l’umanità (…) Questa decisione dimostra mancanza di visione politica, di compassione e senso comune e contraddice il multilateralismo, l’attenzione verso il disarmo e le questioni umanitarie sbandierate con grande enfasi da questa amministrazione”.

NON LE USIAMO MA NON LE BUTTIAMO - Gli Stati Uniti ribattono sottolineando che dal 1993 hanno speso più di un miliardo e mezzo di dollari per lo sminamento di altri Paesi e che quindi non possono essere considerati alla stregua di Iran, Pakistan e Cina. Su Unimondo.org si legge che “Secondo Human Right Watch, gli Stati Uniti hanno un arsenale di 10 milioni di mine, e sebbene non le abbiano usate dal 1991, dalla prima guerra del Golfo Persico, si riservano ancora il diritto di farlo. Gli Stati Uniti – evidenzia sempre HRW – non hanno hanno esportato mine antipersona dal 1992, non le producono dal 1997 e non hanno in atto programmi per la loro acquisizione in futuro”. Perché non firmare allora? Gli Stati Uniti non possono permettersi di privarsi di armi che invece altri (perfino al Finlandia) hanno. Sarebbe sorprentente lo facessero. Della serie, è terminata la corsa agli armamenti, ma il mantenimento di questi ha una vita lunghissima.

Gli scienziati registreranno i nostri sogni

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E se riuscissimo a spiare le esperienze oniriche degli altri? Un team di studiosi alle prese con i meandri del cervello arrivano ad una conclusione: si può fare.

Un team di scienziati legati all’autorevole rivista Nature ha messo a punto un sistema di “lettura” delle attività cerebrali. Il Dottor Moran Cerf, in un articolo del Telegraph, afferma che in particolare l’applicazione del nuovo sistema sarebbe destinata allo studio dei sogni, argomento rimasto oggetto di teorie e speculazioni ma mai di vere e proprie prove sperimentali. Finora, l’unico modo per entrare nel merito del contenuto dei sogni era quello di chiederne informazione ai pazienti in stato di veglia.

UN CONCETTO, UN NEURONE – Quello che il Dottor Cerf vuole ottenere è la visualizzazione dei sogni attraverso il monitoraggio delle attività cerebrali: secondo le sue ricerche alla “somministrazione” di vari concetti corrisponde l’attivazione di uno stesso numero di neuroni associati. Esempio: il neurone X si attiva quando il paziente pensa a Marylin Monroe, il neurone Z si attiva alla vista della Tour Eiffel. Il paziente, collegato al sistema attraverso elettrodi installati nel suo cervello tramite una procedura chirurgica piuttosto invasiva (tranquilli, non sono cavie trapanate per l’occasione ma pazienti in cura per contrastare le convulsioni), potrebbe quindi essere “messo a nudo” mentre dorme rendendo visibili a tutti i contenuti dei suoi sogni. Ovviamente questo non racconterebbe niente di nuovo dal punto di vista dell’interpretazione, posizione confermata in un articolo della BBC dal Dottor Roderick Oner, esperto di sogni e psicologo clinico.

PENSARE UNA E-MAILCerf è entusiasta e ottimista e sostiene che le ricerche in questo ambito stanno andando a un ritmo tale che presto sarà possibile visualizzare l’attività cerebrale senza trapanare il cervello dei pazienti. “Sarebbe bello avere accesso alla mente umana specialmente in quelle situazioni in cui soggetti non riescono a comunicare, come nei casi di coma. (…) in un futuro, potremmo inoltre iniziare a scrivere le e-mail solo pensandole oppure trovarsi davanti agli occhi un flusso di informazioni solo immaginate”. Ma vediamo ora i limiti di questa prospettiva: pensiamo un attimo alla quantità di concetti astratti e concreti che possono essere evocati in un sogno brevissimo. La visualizzazione di uno di questi avviene solo ed esclusivamente nella misura in cui sia stata inserito in database attraverso la fase preparatoria sul campione. Poco importa rilevare l’attivazione del neurone W se non so questo a quale concetto è associato. Questo suggerisce che la strada verso la proiezione dei sogni è ancora lunga e che sognare rimane ancora un esperienza privata. Per adesso.

Per questi qui Silvio non chiama mai

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Ci sono sfortunati che in Questura arrivano e ci restano. E c’è di peggio: per tanti arrestati il carcere è un lager o l’anticamera della morte. E dai piani alti non arriva nessuna intercessione.

Nessuno si è mai sognato di telefonare per avvertire che no, forse è meglio se Stefano non lo pestate, è il figlio di Putin. Oppure, no, Federico rilasciatelo senza torcergli un capello, è il nipote di Gheddafi. Anzi, no, non andiamo a svegliare il can che dorme. Diciamo che è il nipote dell’Arcivescovo di Costantinopoli. Appurato che in Italia c’è nepotismo anche in questo ambito (rilasciate Tizio perché è il figlio di Caio) la cosa assurda è che questa tecnica funzioni anche quando il legame di parentela non c’è. Tizio, nato e cresciuto a Topolinia è in realtà nipote di Paperon de Paperoni. Impossibile. E la polizia manco si degna di controllare.

PIANGE IL TELEFONO – Per alcuni il telefono invece non squilla. Niente intercessioni dai piani alti a spiegare parentele impossibili e a mandare igieniste fighe a prelevare i poveri arrestati “per sbaglio”. Niente di niente. Solo i tonfi sordi delle botte, il tintinnare delle chiavi, il rumore definitivo della cella che si chiude. E il telefono resta muto. Eppure la tecnica potrebbe diventare un modo perfetto per salvare delle vite che altrimenti verrebbero rovinate per sempre. Nei Centri di Identificazione ed Espulsione (i nuovi CPT anzi, i CPT con un nuovo nome) sai quanti nipoti di Mubarak, quanti fratelli di Mugabe e quanti figli di sceicchi vari si potrebbero trovare? Un giorno di questi, immaginiamoci la notizia, l’ennesima carretta del mare (perché sbarcano ancora) viene scortata sulle coste italiane. Tutti schedati e trasportati al CIE più vicino. Poi, colpo di scena. Trilla il telefono: chiudete tutto! Quello è il nipote dell’Emiro di Dubai. Lasciatelo andare, anzi fategli un passaporto alla bene e meglio. E procurategli anche due donne e una Mustang.

CONDIZIONI PIETOSE – Invece no. Negli anni si sono avvicendati gli abusi di stampo razzista, aggressioni fisiche e uso ingiustificato della forza da parte del personale di sorveglianza. I detenuti non sanno bene neanche in che modaltà poter sporgere denuncia o fare una segnalazione. Chi di loro riesce ad accedere al sostegno legale necessario poi si pente per paura di ritorsioni. Nei CIE le condizioni continuano quindi ad essere da urlo, nell’indifferenza generale visto che per le ONG e i giornalisti accedere a queste strutture è quasi impossibile. Chi ci è riuscito (vedi i rapporti stilati da Medici Senza Frontiere e da Amnesty International) ne è uscito disgustato e imbestialito per la violazione continua che i diritti umani degli immigrati subiscono tra quelle quattro mura (o lamiere).  Meglio il carcere? Non lo so.

Chiquinho: la sua deformazione lo farà diventare ricco

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L’angolano Francisco Domingo Joachim dalla bocca mastodontica entra nel Guinnes dei Primati e sbarca subito al freak-show italiano. E si preparara a fare i milioni.

Era sempre stato il suo sogno. Entrare nel Libro del Guinnes dei Primati per l’ampiezza delle sue fauci. Con 17 cm ci è riuscito e ha catalizzato subito l’attenzione dei talent scout dei fenomeni da baraccone. Francisco Domingo Joachim, 20 anni, ha un’apertura delle fauci che gli permette di contenere una lattina da 33 cl e lo Show dei Record non poteva certo farselo scappare.

UN SOGNO CHE SI AVVERA – Tra i nani, le donne barbute e i mangiatori di vermi, nell’edizione del 2011 dello Show dei Record ci sarà anche Francisco, detto Chiquinho. E’ stato scovato in un mercato di Luanda dagli scout del Guinness World Record che da due anni cercavano nuovi “talenti” dalla bocca larga; gli è stato certificato il primato ed è stato subito portato in Europa per metterlo in bella mostra. Innanzitutto si è aggiudicato una competizione per bocche grandi tenuta a Roma. Davanti alle telecamere allarga la bocca, la sforma a piacimento fino a coprirsi la faccia con le labbra e si esibisce nella sua specialità: il numero della lattina (foto), che è capace di mettere e levare per 14 volte di fila in un minuto. In un articolo uscito oggi sul quotidiano online svizzero Blick si legge la dichiarazione de ragazzo: “Far parte del Guinness dei Primati è un sogno che si avvera”.

FREAK FILANTROPI - Lo Show dei Record, trasmesso da Mediaset in prima serata, non è altro che una versione televisiva dei vecchi freak show che girovagavano per le cittadine americane per far esibire i nuovi mostri facendo pagare il biglietto. Sono veri e propri fenomeni da baraccone anche se Paola Perego, conduttrice dell’ultima edizione in un’intervista al Tempo li ha definiti quasi dei filantropi: “Alcuni recordmen sono sportivi molto preparati; altri hanno trasformato una particolarità genetica in un punto di forza: girano il mondo e insegnano ad accettare le differenze fisiche”. Sarà. Non è che semplicemente i nuovi freak hanno capito che aria tira e hanno deciso almeno di farci qualche soldino? Chissà la Coca Cola quanti soldi ha sborsato perché Chiquinho si infilasse una sua lattina in bocca. E soprattutto, chissà quanti soldi ci guadagnano sopra gli impresari di questi soggetti, nuovi Mangiafuoco in un teatro di burattini deformi.

Le sparatorie nei campus lasciano gli studenti a pezzi

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Uno studio dell’Università dell’Illinois rivela che gli studenti coinvolti esorcizzano il lutto su Facebook ma restano segnati come i reduci di guerra.

La Dottoressa Amanda Vicary e il Professor Chris Fraley del Dipartimento di Psicologia dell’Università dell’Illinois hanno effettuato una ricerca dall’oggetto inedito. “Le reazioni degli studenti dopo i massacri del Virginia Tech e della Northern Illinois University: la condivisione del lutto e del sostegno su internet ha effetti negativi sulla ripresa psicologica?” (titolo originale: Does sharing grief and support over the internet affect recovery?).

I SOCIAL NETWORK DANNO GIOVAMENTO - L’articolo che riassume i risultati dell’indagine è stato pubblicato sull’ultimo numero del Personality and Social Psychology Bulletin e suona più o meno così: gli studenti trovano giovamento nel manifestare il proprio dolore e la propria partecipazione al cordiglio attraverso i social media. Partecipando a veglie virtuali, modificando a lutto l’immagine del profilo e aggiornando lo status e i tweet, il campione analizzato da Vicary e Fraley affermava di sentirsi meno solo e in un’ultima analisi, meno triste e disorientato. La risposta all’interrogativo contenuto nel titolo dell’articolo è quindi: NO. Facebook e Twitter non hanno ripercussioni negative sullo stato di salute mentale degli studenti coinvolti a vari livelli nella tragedia in cui si sono trovati in mezzo.

DEPRESSIONE E PTS – Ma non è questo, a parere di chi scrive, l’aspetto interessante della ricerca in questione. Legittimo preoccuparsi del fatto che internet in qualche modo sia un surrogato di comunicazione che impedisce allo studente di elaborare il trauma in modo più profondo magari parlandone faccia a faccia con i compagni o con un terapeuta. E’ una questione vecchia quanto la rete: la comunicazione virtuale che si sostitisce alle conversazioni dal vivo mettendo a rischio lo sviluppo della personalità dei giovani utenti. Vale per il Virginia Tech e per qualunque internauta in giro per il mondo. Il dato interessante a mio avviso contenuto nella ricerca è il fatto che a distanza di mesi dalla tragedia, gli studenti interpellati ed analizzati manifestavano segni evidenti di forte depressione e di stress post traumatico (il famoso PTS).

CIRCOLO VIZIOSO – Prevedibile, verrebbe da pensare. Invece no, prima di tutto perché il PTS è un disturbo clinico ben preciso che non va dato per scontato. Chi è vittima o spettatore di un evento catastrofico può restare turbato e sconvolto ma non incorrere in stress post traumatico. Questo, come la depressione, è una malattia vera e propria che come tale deve essere tenuta sotto stretta osservazione perché può diventare l’humus da cui germineranno comportamenti devianti, dipendenze e, nella peggiore delle ipotesi, gesti incontrollati. E’ qui che sta il paradosso. La tragedia che porta il disturbo e il disturbo che a sua volta origina la tragedia.

PSICOLOGICAMENTE A PEZZI – In un’intervista ai ricercatori uscita qualche giorno fa si legge che a distanza di mesi dai massacri in questione il 30% degli studenti coinvolti presentavano segni importanti di depressione e il 22% erano affetti in modo significativo da disturbi da stress post traumatico. Un esercito di studenti psicologicamente a pezzi. Dal 1966 a ora solo nelle università degli Stati Uniti sono avvenute circa cento sparatorie. Il bilancio dell’orrore supera le 200 vittime. Ma se consideriamo anche la quantità di studenti, docenti e personale universitario rimasto psicologicamente segnato dal trauma le vittime sono molte di più.

CECCHINI MALATI – I massacri avvenuti nelle scuole americane sono quasi sempre opera di qualcuno che, solo dopo, si scopre che sia stato depresso o reduce da traumi e delusioni brucianti. Vi ricordate il macabro video realizzato da Cho-Seu-Hu, il cecchino del Virginia Tech che il 16 aprile di 3 anni fa fece fuori 32 persone nel campus prima di togliersi la vita?


NYT su Ruby: Italia coperta di ridicolo. E se cade il governo?

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Il quotidiano della Grande Mela fa una sintesi della questione “Silvio & Le Donne” e aggiunge l’ultimo tassello Ruby. Poi profetizza: “Esecutivo italiano vicino alla crisi”.

Oggi, nella versione cartacea del New York Times esce un articolo molto sintetico ma allo stesso tempo esaustivo sul tema che infiamma siti, quotidiani, riviste e blog nostrani: “Il dottor B e le donne”. Il pezzo, a firma Elisabetta Povoledo, fa un riassunto per i lettori americani che per l’ennesima volta concluderanno che se fosse Obama in quella posizione ci metterebbero mezzo minuto a far cadere sulla sua testa la scure dell’impeachment. Ecco quindi il contenuto dell’articolo che oggi verrà letto da milioni di americani e non.

CONSEGUENZE LEGALI FORSE.. – Nel pezzo si parla quindi dell’arresto di Ruby effettuato a maggio, quando allora diciassettenne era stata fermata per furto. Si parla della telefonata al questore da parte del settantenne papi Silvio che intima di lasciare la presa per non dare origine a crisi diplomatiche: è la nipote di Mubarak, cribbio. Si parla di Nicole Minetti, subrette, consigliere regionale e igienista dentale di Silvio (non necessariamente in questo ordine) in nessun modo responsabile per la tutela della giovane ma che invece la va a prelevare in questura senza incontrare resistenze.

.. CONSEGUENZE POLITICHE SICURAMENTE – Il pezzo prosegue sottolinenando che le implicazioni legali di quest’ultimo siparietto non sono ancora state accertate, ma quel che è sicuro è che non ha certo aiutato quel clima politico di tensione che già si riespirava prima dell’esplosione del caso Ruby. Nell’articolo si sottolinea che Fini sia sempre più convinto che Silvio abbia esercitato un abuso di potere e che per colpa sua l’Italia sia per l’ennesima volta lo zimbello d’Europa e del Mondo. La Povoledo afferma che anche altri esponenti politici sono preoccupati della continua irruzione della vita privata del Premier nella Cosa Pubblica e cita Veltroni intervistato da Repubblica: “In un colpo solo Berlusconi ha commesso un abuso di potere, violato l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, raccontato una menzogna spudorata a un pubblico ufficiale, dicendo che la ragazza, peraltro marocchina, era la nipote del presidente egiziano Mubarak, e ha coperto di ridicolo e disonore il Paese sulla stampa mondiale”. Niente di nuovo sul fronte occidentale quindi: abuso di potere, trattamenti privilegiati, figure barbine internazionali. Nel pezzo si ricorda anche che Fini sta subendo due tipi di pressione: sia dalla destra, animata dallo spirito di bushiana memoria “o con noi o contro di noi”, sia dalla sinistra che cerca di convincerlo a far cadere il governo in nome di quell’integrità e serietà sbandierata dal palco di Mirabello.

NIENTE DA CHIARIRE - Chiunque altro avrebbe pensato che questa proprio non ci voleva: già i sondaggi di gradimento lo davanto a un minimo storico, poi la questione irrisolta dei rifiuti in Campania con tanto di incendi, arresti e cariche sui manifestanti non è che aiuti particolarmente. Invece, come sottolinea bene il NYT, Silvio resta fiero e impettito, neanche un segno di preoccupazione: “Volevo aiutare una persona (…) Amo le donne e non cambierò mai il mio stile di vita. Non c’è niente da chiarire”. Il quotidiano americano cita anche l’avvocato Ghedini che accusa i giornali di distorcere le affermazioni del suo cliente facendole sembrare perverso e diabolico mentre, come sempre, ha agito a fin di bene. Come quando andò al diciottesimo di Noemi e tutti, moglie inclusa, lo guardarono come un vecchio bavoso mentre lui era lì solo per far piacere a un vecchio amico (autista di Craxi, anzi no, vecchio socialista, anzi no.. Vabbè adesso non è più importante).

GIORNALI TRASH – Ma il New York Times non si limita a criticare il Premier. Ne ha anche per i giornali e telegionali italiani che secondo l’autore dell’articolo stanno al gioco di Silvio e, trattando il caso Ruby in modo così martellante e pieno di dettagli, raccontando di feste, regalini e del “bunga-bunga” in tutte le salse, si fanno trasformare in tabloid spazzatura. Lo stile Mediaset dilaga a macchia d’olio quindi e invischia tutto ciò che tocca.

In tribunale la ragazza che fingeva di avere il cancro

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Ha truffato centinaia di persone in Canada fingendo di essere malata terminale. Ora si teme comprensibilmente per la sua incolumità.

Se c’è qualcosa di più tragico e odioso del cancro è sicuramente la speculazione e le truffe legate a questo. Ashley Kirilow, ventitreenne canadese, residente a Burlington, Ontario, aveva finto di essere affetta da un tumore in stato terminale e aveva anche creato una pagina Facebook dal nome Change for a Cure per sensibilizzare gli utenti sulla sua causa. In agosto era stata smascherata e incriminata per tre truffe inferiori a 5000 dollari. Ieri se ne sono aggiunte altrettante, di cui una dall’importo superiore ai 5000 dollari.

NON MOLLO – Nella speranza di poter fare qualche soldo e di poter farla franca, Ashley aveva progettato una messa in scena grottesca: dopo aver creato la pagina di Facebook si era rasato i capelli e le sopracciglia e si era fatta fotografare pallida ma sorridente indossando una bandana rosa a coprire la calvizie (foto). Si era anche scritta sulle nocche la frase “non smetterò di lottare” (“won’t quit“) e mostrando i pugni chiusi all’obiettivo aveva rassicurato così i suoi sostenitori creduloni. Foto di lei, attaccata a flebo e cannule varie, erano state create ad hoc e pubblicate online. Quando infine aveva postato sulla pagina una nota in cui affermava che quello sarebbe stato l’ultimo perché la malattia l’aveva sconfitta, alcuni utenti hanno iniziato a dubitare della sua buona fede; la ragazza, presa dal rimorso e dalla paura si è consegnata alle forze dell’ordine.

SOLA CONTRO TUTTIA nulla è servito l’appello alla sua famiglia: il padre, Mike Kirilow, aveva subito negato ogni tipo di sostegno affermando “non voglio aver niente a che fare con questa storia”. Ashley infatti aveva mentito anche a lui, chiedendogli denaro per un trapianto di midollo osseo. Sospettando che questa fosse una menzogna, l’uomo aveva spinto gli utenti della pagina di FB ad assicurarsi che non fosse una truffa. La cauzione per il rilascio di Ashley non è stata pagata dalla famiglia quindi, che l’ha lasciata sola in questa causa, già persa. Il padre ha anche affermato che molte persone ignare della truffa che erano coinvolte nella raccolta fondi hanno ricevuto minacce di morte. Per questo è stato importante per lui e la famiglia intera dissociarsi dalla figlia e dalle sue orrende macchinazioni.

SOTTO PROTEZIONE – Oggi il caso Kirilow verrà discusso in tribunale e Ashley ha affermato che assisterà al dibattimento. L’avvocato difensore, Brendan Neil, ha affermato che la sua cliente, ora pentita, patteggerà e che è in cerca di un modo per ricominciare a vivere. Al momento è sotto la supervisione della John Howard Society che assiste persone che hanno guai con la giustizia, perché molti sono preoccupati per la sua incolumità. La furia della folla, che sia stata truffata o meno, potrebbe abbattersi da un momento all’altro sulla ragazza che come un avvoltoio si è approfittata della benevolenza e della beneficienza per guadagnarci qualche migliaio di dollari. Adesso la vita la rischia davvero.

A processo la coppia nazista che torturava le prostitute

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Al confine tra Germania e Repubblica ceca, avevano iniziato una crociata contro le lucciole: le caricavano in macchina, le aggredivanoe le facevano inginocchiare su una svastica di legno.

E’ arrivato il momento di spiegare il perché dei loro gesti feroci, ora che i due fidanzati residenti a Selb, in Germania al confine con la Repubblica Ceca, che si divertivano a rapire e torturare le prostitute sono adesso di fronte a un giudice. Lenka H., di 26 anni e il ragazzo trentenne Andreas G. organizzavano vere e proprie imboscate contro le passeggiatrici: tutto era nato per una semplice questione di gelosia.

NON ERO D’ACCORDOAndreas cerca di discolparsi dando la responsabilità alla ragazza gelosa: “Passavo troppo tempo al casinò, litigavamo spesso per questo. Poi Lenka ha avuto l’idea di andare in giro a picchiare le prostitute e io mi sono prestato contro la mia volontà sperando che questo potesse restituirle la serenità..”. Questo era lo schema: Andreas fingeva di adescare una lucciola e la caricava in macchina. A quel punto veniva spogliata, percossa con una mazza di ferro e costretta ad inginocchiarsi su una svastica di legno. Lenka, racconta Helena V., una vittima della coppia di torturatori, costringeva poi la preda ad esclamare ad alta voce la frase “sono una scrofa nera” e concludeva la tortura rasando a zero i capelli della vittima.

PAZZI E RAZZISTI – Gelosia quindi? Non solo. Il movente della donna, in passato prostituta in Repubblica Ceca, potrebbe essere in un certo senso passionale (oltre ad essere evidentemente parto di una mente squilibrata) mentre numerosi dubbi emergono per quanto riguarda la posizione del fidanzato (foto). Nella casa della coppia sono state trovate numerose armi da taglio e Lenka, interrogata dagli investigatori, ha ammesso che al ragazzo era balenata anche l’idea di versare benzina su una prostituta e darle fuoco. La svastica, i capelli a zero, la scrofa nera, il fuoco e l’accanimento dei due nei confronti delle prostitute di Asch, una cittadina della Repubblica Ceca al confine con la Germania fanno presupporre che questi siano atti di violenza di stampo razzista. Andreas viene definito di estrema destra dal quotidiano Bild che ne riporta l’odio per i Rom e Sinti. Per giustificare uno dei tre rapimenti con tortura, Andreas aveva addirittura accusato una prostituta di avergli ammaccato la macchina e i suoi familiari di avergli rubato il sistema di navigazione. Fatto sta che Helena V., una vittima di 24 anni, ha aiutato la polizia a tracciare un identikit e ha permesso che i due venissero arrestati. Adesso rischiano 5 anni di carcere.

Occhio bionico, forse ci siamo

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Ricerche e sperimentazioni di un’università tedesca danno speranza ai malati di retinite: un micro-chip impiantato nel bulbo oculare aiuta i pazienti a vedere la luce.

“Manca una I e una K. Avete fatto un errore di spelling“, afferma l’uomo verso la fine del video. Niente di sorpredente, se non fosse che Miikka è non vedente perché affetto da Retinite Pigmentosa. Il Professor Eberhart Zrenner, dell’università tedesca di Tuebingen, in collaborazione con l’azienda privata Retina Implant AG è il repsonsabile di questo portento: grazie ad un microchip inserito nel bulbo oculare i malati di malformazioni o di degenerazioni della retina hanno ora una speranza di tornare a vedere.

MECCANISMO COMPLESSOMiikka Thero, quarantaseienne finlandese, si è offerto volentieri come cavia umana per una tecnica sperimentale che mira creare “l’occhio bionico“. Come funziona: un micro-chip quadrato dal lato di 3 millimetri e tempestato di 1500 diodi viene impiantato nella parte posteriore del bulbo oculare durante un intervento di 4 ore e mezzo. Dal chip si dirama un cavo ultra sottile che spunta dalla parte laterale della fronte e scivola dietro l’orecchio. Qui, un piccolo magnete “comunica” con la batteria di alimentazione che può essere tenuta nella tasca dei pantaloni. I sensori catturano la luce e la convertono in segnale elettrico che va a stimolare prima la retina poi il nervo ottico fino a raggiungere il cervello dove si crea l’immagine. L’apparecchio è ancora in fase sperimentale: l’obiettivo è quello di renderlo ancor meno ingombrante in modo tale da poter impiantare chip, filo e alimentazione tutto sotto pelle. Quello in questione non è certo l’unico esperimento di retina artificiale in circolazione, ma è sicuramente quello più pratico cosiderato che ad esempio, la “concorrenza” (l’azienda americana Second Sight) prevede che il paziente venga munito di occhiali e di mini-camera.

MIGLIORAMENTI – Un articolo uscito oggi sulla rivista scientifica Proceedings of the Royal Society B afferma che due uomini e una donna affetti da retinite pigmentosa sono stati capaci di vedere forme luminose e oggetti dopo decenni di cecità completa. Il Dottor Eberhart Zrenner (foto), fondatore dell’azienda Retina Implants afferma inoltre che alcuni dei suoi pazienti sono riusciti a scorgere un sorriso sul viso della fidanzata, insetti che volavano, fiori in controluce e le scie di un aereoplano. Il Professor Mc Laren, chirurgo oculista inglese sta progettando di proporre la tecnica ai suoi pazienti: ” Certo, non verrà restiuita loro la vista perfetta ma stiamo parlando di pazienti affetti da cecità totale. Tutto può aiutare”. L’apparecchio costerà dai 20 mila ai 45 mila dollari ma ancora ci sono tanti, troppi interrogativi lasciati senza risposta tipo: quanto è la durata di un chip? Può essere ancora migliorato? Thero afferma elettrizzato :” Durante il periodo di sperimentazione mi sono reso conto di quanto sia bello potersi concentrare su qualcosa. Anche se la vista è confusa, sono riuscito a orientarmi, a interagire con le persone e con l’ambiente e ad accorgermi della presenza di oggetti di fronte a me”. Quello di Thero era un prototipo che deve ancora essere messo a punto ma gli è stato promesso che preso ne proverà un altro ancora più efficace. David Head, membro della British Retinitis Pigmentosa Society è scettico e consiglia di andarci con i piedi di piombo: ” E’ un lavoro affascinante ma non restituisce la vista. Piuttosto dà ai non vedenti  segnali da interpretare per vivere meglio”.

La Svezia è un paese per giovani

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La nazione scandinava è una delle mete privilegiate dei cervelli in fuga. Ai ragazzi svedesi abbiamo chiesto: come è mai possibile che non abbiate niente di cui lamentarvi?

“Penso che tutto stia nel pagare le tasse. Credo che lo Stato amministri abbastanza bene i nostri soldi restituendoci in cambio dei buoni servizi. Non possiamo lamentarci di niente”.  Svelato l’arcano quindi. Johan ha 23 anni e fa il cameriere a Stoccolma. Non ha fatto l’università: ha frequentato la scuola alberghiera e ora lavora al Grand Hotel. Nonostante la giovane età e la professione mediamente retribuita, ha una casa di proprietà, gioca a golf e si sta costruendo un cottage nel bosco a due ore dalla capitale. “Certo, non dico che pagare le tasse debba essere un piacere, ma è un dovere civico e in fin dei conti una comodità. Non è odioso il pensiero che qualcuno usufruisca dei servizi statali sulle spalle di chi paga le tasse?”. Ma andiamo con ordine ripercorrendo tutte le tappe della vita di uno svedese medio per evidenziare quali siano quei passaggi che fanno della Svezia il Paese della cuccagna proprio in virtù di quei servizi erogati dallo Stato grazie ai soldi dei contribuenti.

ISTRUZIONE GRATUITA PER TUTTI - Dall’asilo nido alla laurea allo studente non viene chiesto di scucire una lira, anzi, una krona. L’istruzione è gratuita e universale, anche per gli studenti stranieri che decidono di frequentare la scuola in Svezia. Di solito dopo la maturità i genitori si aspettano che i figli si trovino un lavoro o che comunque sloggino dalla cameretta. Se questi decidono di accedere all’università come studenti full-time, impoissibilitati quindi a lavorare per pagarsi l’affitto, possono sempre chiedere denaro allo Stato (mai ai genitori) che, attraverso l’organo del CSN (Centrala Studiestödsnamn)  concede loro circa 2000 corone al mese a “babbo morto” più una somma in qualità di prestito vero e proprio da ripagare in circa 40 anni a piccolissime rate con interessi bassissimi. Della serie: ragazzi che si indebitano a 18 anni proprio perché sanno perfettamente che arriverà un giorno in cui restituire il denaro non costituirà il minimo problema.

LA PREVIDENZA AIUTA A RISPARMIARE – Il ragazzo va via di casa quindi. Ma non se ne va a caso: se la sua famiglia è stata previdente, il ragazzo avrà già un appartamento in affitto a canone agevolato che lo attende. Come? Mediante apposite liste di attesa. Lo Stato, questa volta attraverso l’organismo del Bostadsförmedling distribuisce i contratti d’affitto per un tot di appartamenti pubblici tra i cittadini che devono semplicemente iscriversi al servizio, pagare una quota annua (circa 30 euro) e, se mirano a trasferirsi nel centro di Stoccolma, pazientare per anni (12 per l’esattezza; ecco perché occorre muoversi in anticipo, ancor meglio quando il ragazzo è appena maggiorenne). Chi si accontenta di appartamenti in periferia, se la cava con un anno di lista d’attesa. Per gli studenti sono a disposizione studentati e mini appartamenti vivibilissimi a prezzi ridicoli. Anche per i non studenti il canone è piuttosto basso, le case di buona qualità e a basso impatto ecologico. La manutenzione degli immobili avviene a spese dello Stato stesso che concede agli affittuari il diritto di residenza a tempo indeterminato, la possibilità di scambiare casa con altri cittadini iscritti alla lista statale o di comprare l’appartamento a prezzi bassissimi. Un aspetto curioso del mercato degli affitti svedese (che non riserva molte sorprese visto che è gestito per l’85% dallo Stato) è che permette il subaffitto, a determinate condizioni: che il titolare del contratto abbia motivazioni valide (va a convivere con il partner, si trasferisce momentaneamente all’estero), che la “cessione” sia riferita ad un lasso di tempo limitato (solitamente un anno) e che l’affitto richiesto non dia adito a speculazioni selvagge. Affittare e subaffittare non deve essere un’attività che produca reddito. Per investire bisogna comprare per poi rivendere effettuando migliorie o aspettando il momento propizio.

BABY PROPRIETARI – Chi non è stato previdente come fa? Taglia la testa al toro e la casa se la compra. La cosa più sconvolgente è che a visitare gli appartamenti in vendita sono ragazzi ventenni sbarbati che la domenica se la passano in giro partecipando ai cosiddetti visning. Io proprietario che decido di vendere mi rivolgo ad un’agenzia immobiliare (è veramente raro che un proprietario decida di non utilizzare l’intermediazione) la quale mette il mio appartamento su internet e organizza visite collettive per i potenziali compratori. Tale giorno a tale ora l’appartamento X è aperto al pubblico. Accorrete numerosi e toglietevi le scarpe all’ingresso. Viene reso noto il prezzo di partenza e poi, una volta che un numero cospicuo di visitatori ha dato un’occhiata alla mia casa, parte l’asta via sms. Non c’è trattativa: chi offre di più si aggiudica l’appartamento. Per partecipare all’asta è sufficiente possedere una certificazione rilasciata dalla banca che attesti che il partecipante abbia i soldi o gli sia stato concesso il mutuo necessario all’acquisto. Per ottenere il prezioso documento basta avere o un grasso conto in banca o un contratto a tempo indeterminato. E qui sta il bello:  in Svezia il contratto a tempo indeterminato non è un mito ma quasi la regola. Ed ecco che i giovani sbarbatelli vendono e  comprano casa via sms nel giro di un fine settimana.

Il mantello dell’invisibilità di Harry Potter è quasi realtà

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Andrea di Falco, capo ricercatore presso la scozzese Saint Andrew University, ha messo a punto il “Metaflex”: materiale rivoluzionario che, non assorbendo la luce, permette l’invisibilità.

Un materiale che renda invisibili gli oggetti di cui è fatto è l’argomento di ricerca della task force di scienziati capitanati dall’italiano Andrea di Falco presso la Saint Andrew University. Attraverso l’elaborazione di un metamateriale che non assorbe le onde luminose il ricercatore annuncia che manipolare la luce non sarà più un mito. La notizia ha fatto il giro del mondo e la ricerca è stata ovviamente pubblicata in modo approfondito sul New Journal of Physics. Ma vediamo come funziona in soldoni.

INDICE DI RIFRAZIONE NEGATIVO - Quello in questione è un cosiddetto metamateriale, un materiale totalmente artificiale creato in laboratorio per ottenere proprietà non disponibili in natura. Solitamente, queste proprietà ricercate, non dipendono dalla composizione dello stesso ma dalla struttura. Ma veniamo al nostro caso specifico. La proprietà conferita al metamateriale in questione è l’indice di rifrazione negativo. Inciso: l’indice di rifrazione indica quanto la luce che penetra attraverso una sostanza sia più lenta della velocità della luce nel vuoto. Tutte le sostanze hanno indice di rifrazione positivo che implica l’assorbimento delle onde elettromagnetiche da parte dei vari mezzi e quindi la visibilità degli stessi. Un materiale con indice di rifrazione negativo ha quindi le potenzialità per essere invisibile. Ma non è questa la scoperta.

METAFLEX – I metamateriali del genere finora realizzati riuscivano a mantenere la proprietà solo in forma piatta e rigida, non esattamente ideale per la creazione di oggetti flessibili (come il mantello..). Ecco quindi dove Di Falco e la sua equipe sono riusciti: creare una membrana di metamateriale, una pellicola polimerica ribattezzata Metaflex proprio per la flessibilità guadagnata, che ha tutte le carte in regola per essere assemblata e per andare a creare oggetti tridimensionali flessibili a indice di rifrazione negativo. Una delle applicazione più incredibili, afferma lo stesso Di Falco nell’articolo del New Journal of Physics afferma: “I metamateriali ci permettono finalmente di manipolare la luce a piacimento. Il Metaflex può essere utilizzato per creare nuovi tipi di tessuti e nell’essay spieghiamo quanto sia semplice applicarlo alle lenti a contatto ed utilizzare queste come protesi”.

EMULI – Insomma, il mantello di Harry Potter è vicino, ci sta pensando uno scienziato italiano (una laurea a Roma Tre, un dottorato all’Università di Palermo e poi il successo planetario all’estero, ovviamente). Per chi volesse invece emulare il maghetto in modi un po’ più caserecci e maldestri può predere ispirazione da quello che sta succedendo in India dove la popolazione dei gufi selvatici è stata falcidiata per riti magici o per addomesticarli a mo’ di Hedwig asiatici.


Il piombo minaccia la salute di decine di milioni di persone

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Una ricerca effettuata dalla Croce Verde svizzera rivela che è il veleno più pericoloso e che mette a rischio la vita di 20 milioni di individui.

La Croce Verde svizzera in collaborazione con il centro di ricerca sull’inquinamento Blacksmith Institute, ha appena reso pubblico un rapporto in cui si insiste sulle quantità impressionanti e preoccupanti di piombo presenti nell’ambiente e di conseguenza nell’organismo degli animali e degli esseri umani.  Tra i sei agenti avvelenanti più pericolosi del pianeta, il piombo è il primo per tossicità seguito da mercurio, cromo, arsenico, pesticidi e sostanze radioattive. Secondo la ricerca, il numero di persone che corrono rischi per la salute connessi all’esposizione al piombo va dai 18 milioni ai 22 milioni.

PIOMBO IN CIRCOLO – La maggior parte del piombo presente nell’atmosfera è conseguente ad attività umane. A causa dell’introduzione di questo metallo pesante nei carburanti, si è stato formato un vero e proprio circolo vizioso: mentre le particelle più grandi di piombo bruciato dai motori delle automobili  si depositano subito sul terreno o sugli strati superficiali dell’acqua, quelle più leggere parte  si disperdono nell’aria e ricadono sulla terra sottoforma di pioggia. L’inquinamento del terreno, del mare e delle falde acquifere è la risultante. Ma gli scarichi delle automobili non sono gli unici responsabili dell’avvelenamento da piombo: altri processi industriali, la combustione di rifiuti solidi, la corrosione delle tubature dell’acqua e delle vernici al piombo concorrono all’avvelenamento degli esseri umani e dell’ambiente.

INUTILE E TOSSICO – Il CNR afferma che il piombo non viene metabolizzato, bensì per larga parte escreto, ma ciò che resta (circa un quinto) si distribuisce nei tessuti. In un articolo uscito sul Corriere della Sera del 22 settembre si legge che secondo i centri di controllo e prevenzione statunitensi il livello di piombo nel sangue dei bambini non dovrebbe superare i 10 microgrammi per decilitro ma recenti studi non escludono effetti tossici anche al di sotto di questa soglia.  Il CdS riporta anche la dichiarazione di Annunziata Faustini del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio che afferma:” Il piombo non dovrebbe essere presente nell’organismo perché non esplica alcuna funzione biologica. Per questo motivo è ancora più importante applicare tutte le misure possibili per limitare l’esposizione a questo metallo pesante”.


La Svezia si rialza dalla crisi grazie al welfare

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Gli analisti prevedono una crescita del PIL in stile Tigri Asiatiche e la Banca Centrale svedese alza ulteriormente i tassi di interesse. “Ma la disoccupazione è una piaga che il governo deve sanare”.

La Svezia pare essere uscita dalla crisi meglio della maggior parte degli altri paesi. Qualche settimana fa, durante la discussione della Finanziaria 2011, il Ministro delle Finanze Anders Borg (foto) ha affermato che il Paese è in fase di crescita economica che avrà ripercussioni positive sul mercato del lavoro. “L’obiettivo principale del Governo è quello di tendere alla completa occupazione. Per questo motivo stiamo continuando ad adottare misure che mettano il lavoro al primo posto e che riducano l’esclusione”.

ROSEE PREVISIONI – Il Governo ora prevede un’espansione dell’economia nazionale che toccherà il picco del 4,8% entro la fine dell’anno per poi assestarsi intorno al 3,7% nel 2011. Dopo essere stata colpita profondamente dalla crisi finanziaria del 2008-2009 durante la quale la Svezia ha raggiunto picchi di deficit del 5%,  la nazione scandinava e gli altri paesi nordici che fondano la propria ricchezza sull’export si stanno riprendendo alla grande tanto che le previsioni ottimiste espresse dal Ministero vedono il tasso di disoccupazione passare dall’8,4% del 2010 all’8% del 2011 fino al 6% nel 2014.

COME LE TIGRI ASIATICHE – Il Ministro Borg continua: “Osservando i recenti dati relativi al PIL viene da pensare che per vedere performance del genere sia necessario comparare la Svezia ai paesi asiatici. Pochissimi Paesi europei superano il 3% e ancora meno il 4%”. Nonostante la ripresa sia strettamente connessa ad una economia globale sempre più forte e che ha migliorato il clima per la produzione e l’export, analisti affermano che la crescita svedese è dovuta alle sue robusta fondamenta: finanze pubbliche in salute e crescenti tassi di consumo.

UN PASSO INDIETRO – Memore della fase di profonde difficoltà caratterizzate dal tracollo delle esportazioni e dalla stagnazione delle produzioni (specialmente quelle legate all’ingegneria) Olle Olmgren, analista della banca svedese SEB, in un’intervista realizzata da AFP afferma :” Certo, abbiamo avuto una forte recessione l’anno scorso in particolare nel settore manifatturiero ma ora ci siamo rialzati. La domanda interna è solida, le famiglie hanno bilanci in attivo, la disoccupazione diminuisce, i consumi lievitano come anche le finanze pubbliche”.  Diversamente da altri paesi europei che affrontano deficit paurosi e misure da austerity, il governo svedese ha attinto dalle casse dello stato per mettere in campo ammortizzatori sociali andando dunque a rafforzare il suo famigerato welfare e allo stesso tempo sostenendo i consumi.

Michael Jackson: “Breaking News”è un falso?

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Il singolo inedito del cantante uscito ieri ha lasciato familiari e fans interdetti: quella non sembra affatto la sua voce e i file originali sono andati distrutti.

Il Re del Pop riesce sempre a scatenare il pandemonio mediatico, anche da morto. Breaking News, il primo brano reso disponibile al pubblico e che sarà contenuto nell’album di Micheal Jackson dal titolo “Micheal” atteso per il 14 dicembre, ha suscitato lo scetticismo generale ancor prima che fosse diffuso in streaming ieri pomeriggio sul sito michealjackson.com.

I FILE DISTRUTTI – - Ancor prima che il singolo venisse messo in streaming, molti membri della famiglia del Re del Pop, mamma inclusa,  avevano fortemente dubitato che la voce contenuta nella canzone appartenesse proprio a Micheal. I nipoti, su Twitter, assicurano al 100% che si tratti di un fake: ” Ci sono molti imitatori  ma solo un Micheal Jackson. La fusione di strane tracce vocali con la voce campionata di MJ non mi inganna. Perché hanno fatto finta di niente e hanno creato un brano che mio zio non avrebbe mai approvato? Sono disgustato, deluso e rattristato” afferma TJ. Taryll Jackson, fratello di TJ, mette in dubbio l’onestà della casa discografica che si è rifiutata di consegnare il materiale grezzo prodotto durante la registrazione dell’album: “Dicono che mio zio era talmente contento del risultato che ha disposto che tutti gli altri file venissero distrutti. Ho avuto l’onore di guardarlo lavorare per tutta la vita e posso assicurare che mio zio non lavorava in questa maniera. Ho chiesto di vedere il computer originale utilizzato per la registrazione: hanno detto che è rotto. Ho chiesto di vedere il disco rigido, mi hanno detto che è stato distrutto”. Anche la sorella La Toya è convinta che ci sia del marcio in Danimarca.

PRODUTTORI O AVVOLTOI? - La Sony ovviamente continua a ribadire l’autenticità della traccia. In un comunicato si legge: “Abbiamo la piena fiducia nei risultati delle ricerche effettuate e nelle dichiarazioni di chi ha assistito alla registrazione che portano alla conclusione che la voce che appare nell’album è autentica“. Il brano orecchiabile in questione è stato registrato, insieme ad altre tracce, nel 2007 nel New Jersey a casa del produttore Eddie Cascio, dove il Re visse con i bambini per quattro mesi. Questi brani sono stati perfezionati e fusi in un album, come stipulato nel contratto da 250 milioni di dollari tra Micheal Jackson Estate e la Sony.

IL PEZZO – Il singolo comincia con un montaggio di aperture dei tg che parlano di Micheal Jackson interrotto dall’incipit “Everybody wanting a piece of Michael Jackson/ Reporters stalking the moves of Michael Jackson/ Just when you thought he was done/he comes to give it again.” Verso la fine, il grido di rabbia del divo del pop che profetizza: “They want to write my obituary” (vogliono scrivere il mio necrologio). In un articolo uscito sul Guardian si legge: “Avendo ascoltato la musica di Jackson senza sosta, Breaking News è stato uno shock perché non sembra affatto la sua voce. E’ più profonda e piatta e rispetto al suo ultimo album, Invincible del 2001, sembra il prodotto di abbondanti manipolazioni. Ovviamente ci sono i classici “hee hees“, ma quando ho sentito i corni sintetici e gli scratch su vinile nell’ultimo terzo del brano ho pensato che Breaking News sembrasse una canzone che Jackson non sarebbe stato contento di diffondere”.

Israele agli Usa: “Bombardate l’Iran”

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Per Netanyahu e i Repubblicani le sanzioni non funzionano: vogliono la guerra, ma Obama non è affatto d’accordo. Dopo tutto anche Olmert, quando lo chiese a Bush, si vide rifilare un due di picche.

Si sapeva fin dall’inizio che Obama non sarebbe stato un buon interlocutore in quanto a dichiarare nuove guerre per di più nei confronti di stati pericolosi e armati fino ai denti. Con un Paese che piange ingenti perdite in termini di vite umane e denaro causate dalle avventure belliche in Afghanistan e in Iraq, Obama non se lo sogna neanche di imbarcarsi in una nuova missione militare.

ISRAELE SCETTICO – Il premier israeliano Netanyahu, che domenica ha incontrato il Vice Presidente americano Biden in occasione dell’American Jewish Conference di New Orleans,  ha espresso profondo scetticismo riguardo all’atteggiamento tenuto dagli USA nei confronti dell’Iran: “L’unico modo per assicurarsi che l’Iran non si doti di armi nucleari è minacciare in modo credibile che se non cesserà la corsa agli armamenti ci saranno ripercussioni militari (…) Le sanzioni economiche constituiscono qualche problemino ma non c’è alcun segnale che faccia pensare che il regime dell’Ayatollah voglia interrompere lo sviluppo nucleare a causa di queste”.

CONSEGUENZE DISASTROSE – Il Ministro americano della Difesa Robert Gates ieri ha affermato invece che le sanzioni stanno indebolendo l’Iran più del previsto e che un’azione militare non è uno strumento efficace per dettare ad Ahmadinejad la strada da seguire, anzi. Secondo il Time, bisogna dire però che Israele non ci vede doppio: il fatto che le sanzioni non stiano avendo effetti visibili sulle intenzioni di Tehran di proseguire nel programma di arricchimento dell’uranio è sotto gli occhi di tutti gli analisti che allo stesso tempo però non considerano l’azione militare un’alterativa plausibile. Esperti appartenenti all’establishment militare americano temono infatti che le conseguenze di una potenziale guerra contro l’Iran siano più pericolose e tragiche della minaccia rappresentata dal suo sviluppo nucleare allo stato attuale.

Barba, capelli e discriminazione

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Scene di segregazione razziale in Vermont: un medico afro-americano viene rifiutato come cliente da un barbiere che si giustifica: “Non so tagliare i capelli dei neri”.

Nella cittadina di Bellows Falls, nello stato del Vermont, Mike Aldrich, barbiere, è stato accusato di essere razzista dopo che Darryl Fisher, un medico afro-americano originario del New Mexico, si era lamentato del trattamento ricevuto. In una lettera ad un giornale locale, il Brattleboro Reformer, Fisher ritiene infatti di essere stato vittima di evidente discriminazione quando ha fatto ingresso nella bottega del barbiere.

RIFIUTATOFisher afferma di essere stato in città proprio perché in cerca di un posto tranquillo dove trasferirsi con la moglie dopo anni trascorsi in grandi città. Già che c’era ha pensato di farsi dare una spuntatina ai capelli. Entrato nella bottega ha chiesto ai due uomini che giocavano a carte se il barbiere fosse in casa. La risposta di uno dei due, Aldrich in persona, è stata negativa: il barbiere è fuori. Il parrucchiere che finge di non esserci? Poco male. Fisher decide quindi di tornare dopo un’ora e cosa vede? Il tizio di prima intento a tagliare i capelli di un cliente “di razza caucasica”. Va da sé che Bellows Falls non è più in lizza come potenziale buen retiro del dottor Fisher.

FIGURA MESCHINA – “Ho sbagliato, non dovevo mentire. Ma non so tagliare i capelli dei neri e non volevo imbarazzare entrambi”, si difende ora Aldrich che fuori dal negozio si è ritrovato un capanello di concittadini imbufaliti per la figura meschina che ci ha fatto l’intero paese. “Se non sa tagliare i capelli degli afro-americani che chiuda il negozio. A tutti i parrucchieri viene insegnato” afferma Lori Brown, proprietaria di un salone di parrucchiere poco lontano. Alcuni concittadini lo “difendono” affermando che spesso Aldrich rifiuta clienti quando è nel bel mezzo di una partita a carte. Il sito web Common News ha raccolto la testimonianza di un commerciante: ” C’è una corrente sotterranea di razzismo a Bellows Falls che scorre sotto la superficie finché non spunta un’occasione perfetta per farla sfogare ad esempio quando chi parla si sente spalleggiato dal gruppo o dall’interlocutore”.

SCENE D’ALTRI TEMPI - La gente di Bellows Falls non vuole che sia fatta di tutta l’erba un fascio. Incidenti del genere minano la reputazione di tutti e rischiano di costituire un procedente imbarazzante e pericoloso. Anzi, un imbarazzo d’altri tempi: impossibile non immaginare la scena in “bianco e nero” e con costumi anni Cinquanta. Paesino di provincia americana, bottega del barbiere, due uomini giocano a carte. Entra un cliente di colore: “Il barbiere è in casa?”. Sguardo di diffidenza: “NO!“. Dopo un’ora l’afro-americano ripassa e si accorge che il tizio che ha detto “NO!” è il parrucchiere in persona. Una scena di un perfetto film sui diritti civili negati. Peccato che sia avvenuto in un mondo a colori, con più di mezzo secolo di ritardo.

Un vitalizio per Franco Califano? La legge dice che…

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Dopo l’appello del Califfo le cose sembrano muoversi velocemente: Alemanno e Polverini invocano per lui la Bacchelli. Ma siamo sicuri che ne abbia veramente bisogno? I casi Merini e Citti

Nei giorni scorsi il cantautore Franco Califano aveva affermato: “Sono povero. Ora voglio il vitalizio”. La Polverini e il deputato PDL Domenico Gramazio si sono attivati subito.  Sul Corriere, in un pezzo di Mario Luzzatto Fegis si leggva chiaramente come fossero andate le cose. Riassumiamole così: Franco Califano, 72 anni, dopo una vita di lussi e di eccessi (tra cui due arresti, uno per possesso di stupefacenti e uno per detenzione abusiva di arma da fuoco), vive tranquillamente di diritti d’autore e di serate nei locali. Fino a quel maledetto 15 luglio 2010 quando cade dalle scale, si rompe tre vertebre e deve rinunciare ad una delle due fonti di sostentamento: le ospitate. Restano i diritti SIAE: “Mah, io non so bene come funzioni la Siae, so soltanto che prendo circa diecimila euro a semestre. Sempre diecimila, misteriosamente non aumentano né diminuiscono mai. Non ce la faccio” aveva dichiarato il cantautore sempre al Corriere.

LA LEGGE BACCHELLI - 20 mila euro annui quindi, è quello che il Califfo guadagna grazie al copyright. Legittimo. Nessuna cifra esorbitante. Ma il dubbio è che questo faccia un po’ a cazzotti con i requisiti per ottenere il vitalizio sperato. La cosiddetta Legge Bacchelli, n°440 dell’8 agosto 1985, porta il titolo “Istituzione di un assegno vitalizio a favore dei cittadini che abbiano illustrato la Patria e che versino in stato di particolare necessità“. Nel testo della legge si sottolinea: “Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa comunicazione al Parlamento,può assegnare (…) un assegno straordinario vitalizio a favore dei cittadini italiani di chiara fama, che abbiano illustrato la Patria con i meriti acquisiti nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’economia, del lavoro, dello sport e nel disimpegno di pubblici uffici o di attività svolte a fini sociali, filantropici e umanitari e che versino in stato di particolare necessità“. Non ci sono soglie minime, è vero. Ma dare una scorsa alla lista di coloro che hanno beneficiato di tale vitalizio può forse far capire che il concetto di particolare necessità è stato interpretato fino ad ora come “indigenza irreversibile” e di una certa tragicità.

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