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I Pirati all’arrembaggio del Parlamento svedese

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Intervista a Mårten Fjällström, leader del Partito Pirata di Svezia, a poche ore dalla chiusura delle urne. Mentre il centrodestra gongola e l’estrema destra si prepara ad entrare al Riksdag, i Pirati affilano le sciabole con un centrosinistra catatonico.

Tra poche ore i seggi elettorali chiuderanno i battenti ma i comizi e l’approfonimento politico non si ferma. Le elezioni svedesi di quest’anno, precedute da una campagna elettorale lunga e serrata, tengono con il fiato sospeso più di un partito. La sinistra rischia il fiasco più clamoroso degli ultimi cento anni mentre i sondaggi rivelano che l’allenza di centrodestra tra Moderati, Liberali, Democristiani e Centristi guidata dal Premier in carica Fredrik Reinfeldt garantisce buona tenuta. Come nel resto del Vecchio Continente, il blocco di centrosinistra, qui composto da Socialdemocratici, Verdi ed ex comunisti del Vänsterpartiet, riflette lo stato di torpore in cui versa tutta la sinistra europea mentre l’estrema destra si rafforza a vista d’occhio: i sondaggi danno infatti i nazionalisti Sverigedemokraterna di Jimmie Åkesson ben oltre il 4%. Insomma, centrodestra in vantaggio, l’estrema destra in netta crescita, un centrosinistra catatonico: niente che noi italiani non conosciamo perfettamente. Ma esiste anche un altro partito che mira a superare lo sbarramento: Il Piratpartiet, creato da Rick Falkvinge nel 2006, è il vero “underdog” sul campo di battaglia. I “Pirati” si battono per la totale depenalizzazione del file-sharing, per l’abolizione del copyright e per la protezione della privacy degli internauti. Sono fermamente convinti di entrare in Parlamento a questa tornata elettorale anche se nessun sondaggio nazionale neanche li prende in carica. Abbiamo incontrato Mårten Fjällström, 32 anni, segretario del Piratpartiet.

Quattro anni fa Falkvinge affermava che i partiti maggiori vi ignoravano totalmente. Cosa è cambiato soprattutto alla luce del 7% alle Europee del 2009?

Niente. Continuano a ignorarci anche se le nostre tematiche sono care a molti, soprattutto ai giovani, tecnologicamente avanzati e cosmopoliti. Le Europee sono state un trionfo da cui abbiamo guadagnato due Europarlamentari. Nonostante tutto, quest’anno non siamo stati invitati neanche ad un dibattito.

Alle amministrative si vota con il cuore mentre alle politiche di strategia. Il vostro programma è un po’ limitato. Non era meglio confluire in una delle due coalizioni?

Sì è vero, il nostro programma non è ampio. Abbiamo cercato di applicare i nostri principi fondativi ai temi del lavoro, immigrazione e istruzione ma l’abolizione del copyright e la protezione totale della privacy resteranno per sempre i nostri cavalli di battaglia. Strategicamente sarebbe stato un vantaggio far parte di una delle due coalizioni ma nessuno dei partiti maggiori ha deciso di prendere in carica le nostre istanze. Corriamo da soli perché non vogliamo snaturarci. Neanche i media mainstream ci hanno riservato un trattamento dignitoso per questo rischiamo che i nostri elettori abbiano paura di buttare via il loro voto. Se a una delle coalizioni dovessero mancare due o tre punti fondamentali che nessuno venga ad accusarci di aver eroso i loro voti.

Insomma, i Pirati stanno alla Svezia come i Grillini stanno al Bel Paese.

Anna Troberg, vicepresidente del partito, è ottimista. “Passeremo e inizieremo subito a lavorare per l’abolizione della legge-FRA (varata l’anno scorso dal Förvarets Radioanstalt, l’Autorità per la Sicurezza Informatica, n.d.r) per cui tutte le comunicazioni telematiche entro i confini svedesi sono monitorate e conservate per 18 mesi. È inaccettabile.”

I vostri server ospitano il sito Wikileaks che ha pubblicato dati segreti del Pentagono sulla guerra in Afghanistan. Il fondatore Julian Assange è ora accusato di stupro. Non avete paura che questo abbia una qualche ripercussione sull’immagine del partito?

No, penso che gli elettori abbiano compreso che proteggiamo Wikileaks perché solo la libera circolazione di informazioni porta alla vera democrazia. L’organizzazione di Assange ha una missione che noi condividiamo e abbiamo offerto loro protezione perché sappiamo che organizzare un blitz nei locali di un partito politico è più controverso e complesso che attaccare un’organizzazione civile. Ma la vita privata di Julian non ha niente a che vedere con le elezioni e gli svedesi lo sanno, o almeno speriamo.

Non ho potuto fare a meno di notare che non avete un quartier generale a Stoccolma. Dove sarete stasera per l’election night?

Abbiamo affittato un pub in periferia e da lì saremo in collegamento con gli altri Partiti Pirata sparsi per il mondo. Siamo gli apripista di un movimento che molto presto investirà tutta l’Europa. Abbiamo solo bisogno di tempo.


Svezia: l’estrema destra di Åkesson entra in Parlamento

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Il centrodestra è in vantaggio ma non ha la maggioranza. Male la sinistra, il Partito Pirata non ce la fa

A poco più di due ore dalla chiusura dei seggi elettorali svedesi c’è un partito in particolare che festeggia un risultato storico. Per la prima volta (dopo il caso degli anni Settanta, ma la situazione politica era diversa) l’estrema destra degli Sverigedemokraterna appare ben oltre il 4% necessario per fare ingresso in Parlamento.

CENTRODESTRA IN VANTAGGIO -Ma queste elezioni svedesi sono storiche anche per un altro primato: il centro destra formato da Moderati, Centristi, Liberali e Cristiano-democratici si riconferma vincitore ma non ha la maggioranza assoluta la coalizione di centrodestra malgrado il 49,1% dei voti ottenuti non ha i parlamentari necessari per garantire il governo.

CENTROSINISTRA KO - Staccato di 5 punti il centrosinistra sta a guardare con i suoi miseri 154 seggi previsti dal solito exit poll. I Socialdemocratici paiono confermarsi come il partito più votato con oltre il 30% ma i voti raccolti da Verdi e ex comunisti del Vänsterpartiet non sono sufficienti a recuperare lo svantaggio sull’Alleanza di centrodestra. Occhi puntati quindi sugli Sverigedemokraterna che oscillano tra il 5 e il 6% e che, se l’exit poll dovesse sbagliarsi riguardo all’ottenimento della maggioranza assoluta da parte del centrodestra, farebbero il buono e il cattivo tempo in Parlamento rischiando di destabilizzare l’azione di governo e le votazioni dell’assemblea.

ESTREMA DESTRA IN FIBRILLAZIONE – Solo ierisera, Jimmie Åkesson, ha dato un assaggio della determinazione e dei toni tipici della sua formazione politica: come un novello Martin Lutero è stato fermato mentre cercava di attaccare sul portone del Riksdag 99 domande critiche rivolte ai due principali schieramenti politici che per tutta la campagna elettorale si sono rifiutati di coinvolgere l’estema destra nella dialettica politica pre-elettorale. È di oggi infatti il monito del Premier Reinfeldt agli svedesi: “Andate a votare numerosi perché un partito xenofobo in Parlamento è un’eventualità che la nostra nazione non si deve trovare ad affrontare”.

MALE I PIRATI – La profezia si sta invece avverando e sarà interessante scoprire se le sue coalizioni manterranno fede alla propria promessa di non cercare alcun confronto dialettico e alcuno scambio di favori con la destra xenofoba che la scorsa settimana ha affermato che il suo operato sarà totalmente imprevedibile. Åkesson ha infatti anticipato che su talune tematiche come quelle relative al rifinanziamento delle missioni militari voterà con i Verdi mentre su altre si allineerà al centrodestra. I partiti minori, Feministisk Initiativ e Piratpartiet raccolgono in totale meno del 2% e restano sicuramente fuori dal Riksdag diversamente da quanto avevano pronosticato tutti i leader del Partito Pirata.

Xenofobi, neonazi o conservatori? L’estrema destra svedese si presenta

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Il New York Times l’ha definito una specie di giovane pubblicitario rampante sveglio e ben vestito. Nella realtà dei fatti Jimmie Åkesson è colui che da solo ha traghettato il partito dritto dritto in Parlamento.

I Sverigedemokraterna di Jimmie Åkesson sono al settimo cielo e all’indomani della loro promozione a partito parlamentare iniziano già a battere cassa. Ma vediamoli un po’ più da vicino questi Democratici per la Svezia.

IL CURRICULA - Jimmie Åkesson, classe 1979, dopo qualche anno trascorso tra le file degli Studenti Moderati decide che sono troppo progressisti per i suoi gusti e si avvicina quindi agli Sverigedemokraterna, partito nato nel 1988 per opera di ex neonazi del Partito Nazionalista del Nord e ed ex membri del “Bevara Sverige Svenskt” altrimenti detto “Manteniamo la Svezia svedese” o “Svezia agli svedesi” che dir si voglia. Otto anni dopo, il partito decide di darsi una ripulita per rendersi più appetibile agli occhi dell’elettorato e appende bomber e anfibi al chiodo. Teste rasate e croci celtiche vengono vietate da statuto perché l’elettorato non è ancora maturo per riesumare i fantasmi del passato.

LEGA IN SALSA D’ARINGHE - Jimmie si unisce agli Sverigedemokraterna nel 1995 e fa carriera politica prima come responsabile per le pubbliche relazioni, poi come riformatore e domatore delle teste matte della sezione giovanile fino alla nomina a leader nazionale arrivata cinque anni fa. Da allora gli Sverigedemokraterna, con il loro leader carismatico occhialuto e dalla faccia pulita si sono radicati sul territorio in modo importante. Specialmente a sud, nella regione dello Skåne, nel corso degli anni la presenza del partito di estrema destra si è fatta sentire in maniera massiccia occupando sempre più seggi nei consigli comunali e provinciali. Nell’estremo nord, poco popoloso e molto legato alla tradizione Socialdemocratica, invece, i militanti degli SD non hanno vita facile mentre nella zona metropolitana di Stoccolma, il centro nevralgico finanziario e internazionale del Paese, il partito dominante è sempre quello degli azzurri Moderaterna che fanno del capitalismo e dell’individualismo i propri capisaldi economici e sociali. Non c’è spazio per Åkesson e i suoi neonazi rivestiti perché, a detta dell’addetto stampa e neodeputato degli Sverigedemokraterna Kent Ekeroth: La capitale consuma, non produce ed è lontana dai bisogni dei lavoratori svedesi del sud”. Una Lega rovesciata, quindi, radicata sul territorio e vicina alla Svezia che lavora e che lotta contro Stoccolma Ladrona. Una Lega in salsa di aringhe che nella regione intorno a Malmö è capace di ottenere punte del 16% dei consensi. Altro dettaglio da non sottovalutare: la vicinanza alla cugina Danimarca, patria del partito nazionalista e anti-immigrati Dansk Folkeparti che, sotto la guida di Pia Merete Kjærsgaard, alle elezioni del 2007 ha ottenuto il 14% dei voti garantendosi 25 seggi su 179 divetando così il terzo partito danese.

Il neo deputato Kent Ekeroth, classe 1981, ha già messo le carte in tavola: “Gli altri partiti ci evitano come la peste confermando il fatto che sono dei politicanti che non conoscono la lotta e la militanza. Ma il loro problema non sono i 20 Sverigedemokraterna che siederanno in Parlamento ma il 6% degli svedesi che questi rappresentano. I nostri elettori ci hanno dato un mandato preciso”.

Avete un programma ampio e articolato. Quale sarà la prima tematica su cui inizierete a lavorare appena entrati in Parlamento?

L’immigrazione sicuramente perché da quello dipende tutto il resto. Noi abbiamo un progetto chiaro: mettere un punto alle richieste di asilo e ai ricongiungimenti. Il nostro obiettivo concreto è diminuire l’immigrazione del 90%.

L’avevo letto. Ma siamo sicuri che non sia solo propaganda? Il 90% significa chiudere le frontiere.

Noi non facciamo propaganda. I nostri numeri sono ponderati e su quelli abbiamo pianificato il nostro progetto di Legge Finanziaria. Mettendo un freno all’immigrazione si risparmierebbero un sacco di soldi pubblici che attualmente vanno nelle tasche degli stranieri sottoforma di sussidi, case popolari, programmi di inserimento, corsi di lingua e di formazione professionale. Quei soldi servono a garantire uno sistema di welfare che sia degno di questo nome e che permetta ai nostri anziani di vivere in modo dignitoso.

Ho visto il vostro spot su questo tema. Un’anziana signora travolta da un gruppo di donne in Iqab che si accaparrano tutti i soldi pubblici..

Sì, è il video che ci è stato censurato anche dalle televisioni private. Ma censurare noi significa mettere un bavaglio alle centinaia di migliaia di elettori che ci hanno sostenuto. È inutile che i politici e le istituzioni si ostinino a non voler vedere la situazione. Basta dare un’occhiata alla nostra pagina di Facebook per avere il polso della situazione.

IN VERSI SU FACEBOOK - La pagina di Facebook degli Sverigedemokraterna (Sverigedemokraterna i Riksdagen – Ja, tack!, Gli Sverigedemokraterna in Parlamento – sì graze!) sta scoppiando. Si aggiorna ogni cinque minuti con commenti di giubilo e di orgoglio nazional-ista. “Non sono mai stato così felice. Immigrati, a casa!”, dice Stefan. Jesper: “E’ la terza volta che vi voto! Lo sapevo che questa era la volta buona! Fate pulizia!” e ancora Peter: “Complimenti da parte del British National Party!”. Ma il più eloquente è sicuramente Nils Dacke che in una sua lunga nota pubblica intitolata “Perché ho votato per gli Sverigedemokraterna” si esprime in versi:

La Svezia ha un problema.

Un tumore che cresce sempre di più.

I politici finora hanno sbagliato tutto.

Sono stati vili e non hanno osato affrontare un problema sociale.

Rubano i nostri posti di lavoro e si comportano come scimmie.

Io non li voglio qui.

Se solo potessimo rimandarli da dove sono venuti.

(…)

Sono circa 450 000

Li puoi riconoscere dai loro sguardo spietato.

Non hanno idea di cosa sia l’amore e la solidarietà.

Si preoccupano solo di se stessi e la loro famiglia.

Non c’è posto per loro nella nostra cultura.

(…)

Se solo potessero andare via.

Da dove sono venuti.

Allora sarei felice.

Vorrei potermi sentire al sicuro quando di torno a casa di notte.

Non dover avere paura di queste bestie pronte a rincorrermi per farmi del male.

Se solo potessimo mandarli a casa.

Purtroppo non è così.

Vivono qui da tanto, troppo tempo.

A Ekeroth ho chiesto in quale modo avrebbero intenzione di rimandare i rifugiati politici a casa loro. “Offrendo incentivi e assistenza per chi torna a casa e allo stesso tempo rendendo un po’ meno comoda la vita di quelli che invece vogliono restare”. La carota e il bastone insomma. Sperando però che quest’ultimo resti solo una metafora.

Xenofobi, neonazi o conservatori? L’estrema destra svedese si presenta

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Il New York Times l’ha definito una specie di giovane pubblicitario rampante sveglio e ben vestito. Nella realtà dei fatti Jimmie Åkesson è colui che da solo ha traghettato il suo partito  dritto dritto in Parlamento.

I Sverigedemokraterna sono al settimo cielo e all’indomani della loro promozione a partito parlamentare iniziano già a battere cassa. Ma vediamoli un po’ più da vicino questi Democratici per la Svezia.

SVEZIA AGLI SVEDESI - Jimmie Åkesson, classe 1979, dopo qualche anno trascorso tra le file degli Studenti Moderati decide che sono troppo progressisti per i suoi gusti e si avvicina quindi agli Sverigedemokraterna, partito nato nel 1988 per opera di ex neonazi del Partito Nazionalista del Nord e ed ex membri del “Bevara Sverige Svenskt” altrimenti detto “Manteniamo la Svezia svedese”o “Svezia agli svedesi” che dir si voglia. Otto anni dopo, il partito decide di darsi una ripulita per rendersi più appetibile agli occhi dell’elettorato e appende bomber e anfibi al chiodo. Teste rasate e croci celtiche vengono vietate da statuto perché l’elettorato non è ancora maturo per riesumare i fantasmi del passato.

TESTE MATTE - Jimmie si unisce agli Sverigedemokraterna nel 1995 e fa carriera politica prima come responsabile per le pubbliche relazioni, poi come riformatore e domatore delle teste matte della sezione giovanile fino alla nomina a leader nazionale arrivata cinque anni fa. Da allora gli Sverigedemokraterna, con il loro leader carismatico occhialuto e dalla faccia pulita si sono radicati sul territorio in modo importante. Specialmente a sud, nella regione dello Skåne, nel corso degli anni la presenza del partito di estrema destra si è fatta sentire in maniera massiccia occupando sempre più seggi nei consigli comunali e provinciali. Nell’estremo nord, poco popoloso e molto legato alla tradizione Socialdemocratica, invece, i militanti degli SD non hanno vita facile mentre nella zona metropolitana di Stoccolma, il centro nevralgico finanziario e internazionale del Paese, il partito dominante è sempre quello degli azzurri Moderaterna che fanno del capitalismo e dell’individualismo i propri capisaldi economici e sociali. Non c’è spazio per Åkesson e i suoi neonazi rivestiti perché, a detta dell’addetto stampa e neodeputato degli Sverigedemokraterna Kent Ekeroth: “La capitale consuma, non produce ed è lontana dai bisogni dei lavoratori svedesi del sud”.

LEGA IN SALSA D’ARINGHE - Una Lega rovesciata, quindi, radicata sul territorio e vicina alla Svezia che lavora e che lotta contro Stoccolma Ladrona. Una Lega in salsa di aringhe che nella regione intorno a Malmö è capace di ottenere punte del 16% dei consensi. Altro dettaglio da non sottovalutare: la vicinanza alla cugina Danimarca, patria del partito nazionalista e anti-immigrati Dansk Folkeparti che, sotto la guida di Pia Merete Kjærsgaard, alle elezioni del 2007 ha ottenuto il 14% dei voti garantendosi 25 seggi su 179 divetando così il terzo partito danese. Il neo deputato Kent Ekeroth, classe 1981, ha già messo le carte in tavola: “Gli altri partiti ci evitano come la peste confermando il fatto che sono dei politicanti che non conoscono la lotta e la militanza. Ma il loro problema non sono i 20 Sverigedemokraterna che siederanno in Parlamento ma il 6% degli svedesi che questi rappresentano. I nostri elettori ci hanno dato un mandato preciso”.

Avete un programma ampio e articolato. Quale sarà la prima tematica su cui inizierete a lavorare appena entrati in Parlamento?

L’immigrazione sicuramente perché da quello dipende tutto il resto. Noi abbiamo un progetto chiaro: mettere un punto alle richieste di asilo e ai ricongiungimenti. Il nostro obiettivo concreto è diminuire l’immigrazione del 90%.

L’avevo letto. Ma siamo sicuri che non sia solo propaganda? Il 90% significa chiudere le frontiere.

Noi non facciamo propaganda. I nostri numeri sono ponderati e su quelli abbiamo pianificato il nostro progetto di Legge Finanziaria. Mettendo un freno all’immigrazione si risparmierebbero un sacco di soldi pubblici che attualmente vanno nelle tasche degli stranieri sottoforma di sussidi, case popolari, programmi di inserimento, corsi di lingua e di formazione professionale. Quei soldi servono a garantire uno sistema di welfare che sia degno di questo nome e che permetta ai nostri anziani di vivere in modo dignitoso.

Ho visto il vostro spot su questo tema. Un’anziana signora travolta da un gruppo di donne in Iqab che si accaparrano tutti i soldi pubblici..

Sì, è il video che ci è stato censurato anche dalle televisioni private. Ma censurare noi significa mettere un bavaglio alle centinaia di migliaia di elettori che ci hanno sostenuto. È inutile che i politici e le istituzioni si ostinino a non voler vedere la situazione. Basta dare un’occhiata alla nostra pagina di Facebook per avere il polso della situazione.

SU FACEBOOK - La pagina di Facebook degli Sverigedemokraterna (Sverigedemokraterna i Riksdagen – Ja, tack!, Gli Sverigedemokraterna in Parlamento – sì graze!) sta scoppiando. Si aggiorna ogni cinque minuti con commenti di giubilo e di orgoglio nazional-ista. “Non sono mai stato così felice. Immigrati, a casa!”, dice Stefan. Jesper: “E’ la terza volta che vi voto! Lo sapevo che questa era la volta buona! Fate pulizia!” e ancora Peter: “Complimenti da parte del British National Party!”. Ma il più eloquente è sicuramente Nils Dacke che in una sua lunga nota pubblica intitolata “Perché ho votato per gli Sverigedemokraterna” si esprime in versi.

La Svezia ha un problema.

Un tumore che cresce sempre di più.

I politici finora hanno sbagliato tutto.

Sono stati vili e non hanno osato affrontare un problema sociale.

Rubano i nostri posti di lavoro e si comportano come scimmie.

Io non li voglio qui.

Se solo potessimo rimandarli da dove sono venuti.

(…)

Sono circa 450 000

Li puoi riconoscere dai loro sguardo spietato.

Non hanno idea di cosa sia l’amore e la solidarietà.

Si preoccupano solo di se stessi e la loro famiglia.

Non c’è posto per loro nella nostra cultura.

(…)

Se solo potessero andare via.

Da dove sono venuti.

Allora sarei felice.

Vorrei potermi sentire al sicuro quando di torno a casa di notte.

Non dover avere paura di queste bestie pronte a rincorrermi per farmi del male.

Se solo potessimo mandarli a casa.

Purtroppo non è così.

Vivono qui da tanto, troppo tempo.

A Ekeroth ho chiesto in quale modo avrebbero intenzione di rimandare i rifugiati politici a casa loro. “Offrendo incentivi e assistenza per chi torna a casa e allo stesso tempo rendendo un po’ meno comoda la vita di quelli che invece vogliono restare”. La carota e il bastone insomma. Sperando però che quest’ultimo resti solo una metafora.

Gli hacker attaccano il Tea Party: sul loro sito sfottò e prese in giro

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Dalle vignette provocatorie sull’11 settembre alle immagini che inneggiano al consumo di cocaina sulle proprie pagine web. La destra ultra conservatrice americana si è svegliata con una brutta sorpresa. Sospetti su 4Chan.

Gli hacker del celebre e controverso sito di image sharing si sono divertiti a sostituire le foto presenti sulla pagina web Teaparty.org con immagini a dir poco sconvenienti per un’organizzazione conservatrice e patriottica come la formazione di cui Sarah Palin è madrina e da cui provengono i vincitori delle primarie in Delaware e nello stato di New York.

SFOTTO’ PER GLI ESTREMISTI – Vignette provocatorie sugli attentati dell’11 settembre e immagini che inneggiano all’uso smodato di cocaina hanno accolto i visitatori del sito di estrema destra americana che ha come capisaldi patriottismo, la sacralità del possesso di armi da fuoco in forza del Secondo Emendamento, il rafforzamento dell’esercito, il liberismo puro, il contenimento dell’immigrazione, tolleranza zero verso i clandestini e la drastica diminuzione delle tasse e della spesa pubblica. Appresa la notizia dell’hackeraggio, alcuni internauti si sono catapultati su Teaparty.org per farsi quattro risate. Altri invece accusano il sito di imagesharing di violazione del diritto di espressione e di associazione. Molti sdramatizzano sottolineando che non è una fragile associazione di grassroot ad essere stata aggredita ma un partito che ha alle spalle lobbisti e think-tank dalla pelle molto dura e dal pelo sullo stomaco e che quindi riusciranno a sfruttare questa ragazzata a loro favore. In alcuni casi invece il comico lascia il posto al tragicomico: Motig, sul sito Reddit.com afferma: “Appena ho saputo dell’hackeraggio mi sono fiondato sul sito del Tea Party e ho riso per 5 minuti pensando che quelle immagini fossero opera di 4chan. Invece il sito era già stato ripristinato…”. La realtà che supera la fantasia.

FAVORE AI DEMOCRATICI? – La speaker del Congresso Nancy Pelosi, riguardo al partito che si ispira al Boston Tea Party, un gruppo di coloni americani che nel 1773 si ribellarono alle ingerenze del governo britannico, ha affermato sollevata che in quegli stati in cui il candidato repubblicano proviene dalle file della formazione ultraconservatrice è molto probabile che gli elettori, pur di non votare per un estremista, decidano o di dare la loro preferenza ai democratici o di disertare le urne. Anche altri analisti americani concordano con questa previsione. Questo per far capire che il Tea Party o lo ami o lo odi. E quelli di 4chan hanno già chiarito di quale gruppo fanno parte.

Che lavoro infame! Barbie diventa giornalista

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La bambola più famosa del mondo non è più una ragazzina. E dopo essere stata ingegnere, architetto e chirurgo, diventa pure reporter.

Una bambolina tettona da vestire e pettinare non è più sufficiente per le bambine che hanno già le idee chiare. La Mattel, per il cinquantenario della mitica Barbie ha inaugurato la serie Barbie I can Be che, parole testuali della Mattel, “dà alle ragazzine la possibilità di giocare con le professioni e di provare nuove carriere”.

BARBIE DIVENTA DOTTORESSA – Una barbie quindi adatta ai tempi che cambiano e che ricopre posizioni professionali di un certo livello. Basta case sulla spiaggia, pony con criniere setose e vestiti da principessa. La nuova barbie appena uscita nei negozi, votata a febbraio da circa mezzo milione di bambine sul sito della multinazionale dei giocattoli, è una reporter televisiva, si chiama Barbie I Can Be News Anchor Doll e, con la collega Ingegnere Informatico, ha sbaragliato le avversarie Barbie Archietetto, Barbie Ambientalista e Barbie Chirurgo. La presentazione della Mattel recita: “La Barbie giornalista è la prima bambola scelta direttamente dagli utenti. Elegante nel suo tailleur rosa con inserti neri e munita di cartelletta, telecamera e microfono, questa giornalista perspicace racconta le notizie minuto per minuto in puro stile Barbie. Insieme al fantastico set troverete un codice speciale che sblocca contenuti digitali legati alla professione di Barbie”. Probabilmente storie, copioni e Barbie-notizie accattivanti.

IL MESSAGGIO – Mentre, per ovvie ragioni, la Barbie Ingegnere Informatico, occhialuta e munita di laptop, blutooth e maglietta super nerd, sembra essere dedicata alle ragazzine più grandi, il target della nostra reporter è la bambina dai 3 anni in su che inizia subito a imparare che per andare in tv servono tette, chioma bionda, occhi da cerbiatta,l’immancabile tailleur rosa shocking e lo stiletto tacco 12. Ma come sempre sono i commenti degli internauti ad essere i più interessanti. C’è chi sottolinea che le bambine dovrebbero essere avvertite del fatto che giornalista non è sinonimo di conduttrice del tg, altri notano che la nuova barbie somiglia molto alle anchor-women della FOX non intendendo con ciò farle un complimento. Molti hanno invece una perplessità sul potere emancipatore di questa collana di nuove Barbie I Can Be: non è che invece di trasmettere il messaggio “le donne possono fare qualunque mestiere”, il vero significato che rischia di passare è “le donne possono fare qualunque mestiere a patto che siano sempre belle, fashion e sbarazzine”?

E I SOGNI? – In Italia la Barbie Giornalista è già nei negozi dall’inizio di settembre e costa una sciocchezza, neanche 20 euro. Altro dettaglio questo che dà di che pensare a chi un giornalista lo è davvero: cosa abbiamo in meno rispetto a Barbie Raperonzolo e a Barbie e i suoi cuccioli Pipì e Popò che costano più di 30 euro? Ma la perla di saggezza la troviamo sempre sui forum di consumatori americani: “Si vede che quella è una giornalista televisiva. Se fosse una giornalista di carta stampata andrebbe a lavorare a Barbie Sturbucks”. Però alla fine i buoni propositi della Mattel vanno riconosciuti: i giocattoli devono fare sognare non dare una visione realistica del futuro. Semmai la Mattel Italia, dopo le “Barbie I Can Be” decidesse di sfornare la serie “Barbie I Will Be”, sono già pronte le mitiche Barbie Precaria, Barbie Call Center e Barbie Lavapiatti.

In Svezia basta un Paperino per perdere le elezioni

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La coalizione di centrodestra ha fallito l’obiettivo della maggioranza assoluta per un soffio. Cosa sarebbe accaduto se qualcuno non avesse votato per Babbo Natale o per il partito delle Lucertole?

I media internazionali hanno spento i riflettori sulle elezioni svedesi. Oramai lo sanno anche i sassi che la Svezia adesso ha la destra xenofoba in Parlamento. Ma forse non tutti sanno che lo spoglio dele schede si è concluso solo ierisera e che la coalizione di centrodestra non ha raggiunto la maggioranza assoluta per meno di 30 schede, 26 per l’esattezza. Osservando i dati pubblicati sul sito governativo dedicato alle elezioni è impossibile non chiedersi: le cose sarebbero andate diversamente se qualche elettore disinformato non avesse reso la propria scheda irrimediabilmente nulla?

FACCIAMO UN GIOCO - Le schede nulle corrispondono a più dell’1% ma tra queste quelle che danno spazio al gioco del “se solo…” sono sicuramente le 30 schede destinate ad un non ben identificato Liberala Partiet che non esiste. Esiste il Folkpartiet, il Partito Popolare definito liberale nel linguaggio comune e che di quelle schede avrebbe avuto un bisogno disperato. Peccato. Troppo tardi. Dare una scorsa ai dati delle schede nulle è di sicuro intrattenimento: ecco qui una classifica dei candidati più gettonati ma che purtroppo non erano in lizza:

1) Paperino, in svedese Kalle Anka, fa incetta di voti e con 133 preferenze è il vincitore morale di queste elezioni parallele

2) Bianca. Nel senso che molti, volendo votare scheda bianca, hanno pensato di dover scrivere “bianca” (“blankt”)

3) Dio

4) Gesù

5) Pippi Calzelunghe

6) Xavi Hernandez

7) Me stesso

8 ) Tua Madre

9) Fantomas

10) Winnie Pooh

11) Fred Flinstones

12) Babbo Natale

13) The Joy Division

SVEDESI FANTASIOSI – Qualcuno invece si è inventato dei partiti nuovi: il Partito dei Disoccupati, di Campagna, dello Spirito, il Partito Filosofico, il Partito della Protesta, del Futuro, della Giustizia, i Democratici Diretti, il Partito della Truffa, del Volere del Popolo, il Partito di Madre Terra, il Partito dei Ragni, dei Robot e delle Lucertole. Poi c’è un’ultima categoria, quella delle invettive: Fate tutti schifo, Datemi un lavoro, Tutti i politici sono assassini, Morte al Parlamento e Potere al Re che ovviamente fanno parte della coalizione opposta al partito Amate di più e Marijuana libera.

Gli Ufo si divertono a disattivare testate nucleari

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 Secondo alcuni ex piloti militari statunitensi, gli alieni sarebbero sbarcati e avrebbero danneggiato gli arsenali missilistici britannici e americani.

Un manipolo di veterani dell’Areonatutica militare americana ha deciso di raccontare al mondo, attraverso una conferenza stampa che si terrà oggi a Washington D.C, che fin dal 1948 delegazioni di alieni hanno sorvolato la terra e hanno fatto visita ai siti missilistici nucleari di Stati Uniti e Regno Unito danneggiando e disattivando gli arsenali a loro piacimento. Secondo l’ex capitano Robert Salas, che insieme a cinque colleghi veterani ha raccolto le testimonianze di più di un centinaio di altri militari in pensione, la Terra è stata interessata da più di un contatto da parte di oggetti non identificati ma che né Stati Uniti né Gran Bretagna vogliono rendere pubbliche queste informazioni per mantenere la popolazione in uno stato di totale ignoranza.

UN UFO CHE ATTERRA - Salas afferma anche di essere stato testimone oculare di uno di questi eventi quando nel 1967 un oggetto non identificato sorvolò è disattivò i missili nucleari Minute Man nella base militare Malmstrom in Montana. Il loro contraltare europeo, capitanato dall’ex colonnello Charles Halt della Royal Air Force, dà manforte alle tesi dei sei veterani americani. Halt racconta che, soli tre anni dopo l’avvistamento di Malmstrom, vide con i suoi occhi dei raggi di luce investire la base della RAF Bentwater, nei pressi di Ipswich, una delle poche a ospitare testate atomiche, e sentì la radio militare gracchiare che un UFO era atterrato vicino al magazzino di materiali nucleari.

LA VERITA’ E’ LA’ FUORI - L’ex capitano Bruce Fenstermacher afferma invece di aver visto, insieme alla propria squadra di sicurezza, un oggetto volante a forma di sigaro sorvolare la base militare FE Warren in Wyoming, sei anni dopo l’avvistamento britannico di Bentwater.Il gruppetto di veterani è riuscito a raccogliere 120 testimonianze tra cui compaiono anche eventi collocabili cronologicamente a soli 7 anni fa. Il ricercatore e esperto di UFO Robert Hastings, autore del libro UFO and Nukes: extraordinary encounters at nuclear weapon sites e che terrà la conferenza stampa di oggi ha infine dichiarato che finora gli alieni si sono limitati a sorvegliare il nostro pianeta, limitandosi ogni tanto a farci qualche “scherzetto” (vedi le basi nucleari), ma non esclude che, a breve, non si manifestino in modo più visibile e deciso. “Come recita il motto di X-Files, la verità è là fuori”, ha affermato Hastings che crede fermamente che governo americano e inglese sappiano ma che vogliano tenere la gente all’oscuro del fatto che non siamo soli nell’universo.


Mamma obesa fa morire di fame la figlia

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Una donna tedesca trascorreva tutto il tempo in chat privando la sua bambina di ogni cura. Niente cibo, niente medico, niente giochi.

Lea, all’età di due anni, è morta di fame per colpa di una madre negligente e paradossalmente sovrappeso. Tutto accadde il 27 marzo di quest’anno quando, nella cittadina di Tirschenreuth, nella regione tedesca della Baviera, Birgit. W, 22 anni, ha trovato la sua piccola Lea esanime nel suo lettino. I medici che hanno effettuato l’autopsia hanno affermato che la bimba denutrita, disidratata e che aveva contratto una grave forma di meningite era infine deceduta per polmonite.

MAMMA IN CHAT – Birgit W. passava le sue giornate in chat ignorando totalmente i pianti della piccola che al momento del decesso era arrivata a pesare meno di 10 chili. L’ossessione per la sua doppia vita online è stata confermata anche dal fatto che appena il cadavere di Lea era stato trasportato in ospedale sotto gli occhi della madre, questa si era connessa immediatamente per condividere la notizia con i suoi amici virtuali. Qualche ora dopo la morte della figlia aveva perfino scritto: “Sono così annoiata! C’è qualcuno che mi può dare un consiglio per contrastare la noia?”. I vicini di casa, qualche mese prima della tragedia, avevano notato che i bambini non uscivano mai a giocare nel giardino dalla piccola casa bavarese e avevano chiamato i servizi sociali che però avevano sottovalutato l’allarme e non avevano fatto visita alla villetta.

MAI DAL MEDICO – Inoltre la giovane disoccupata, separata da poco e mamma anche di un altro bimbo, Felix di 4 anni, non portava mai i figli dal dottore e si era spinta persino a falsificare la firma del medico curante sul libretto sanitario del bimbo più grande per riuscire ad iscriverlo all’asilo. Durante tutto il processo, la donna ha avuto il viso coperto da una sciarpa. Il suo avvocato ha affermato che non era sua intenzione far del male alla piccola ma il verdetto, pronunciato ieri in tarda serata, recita che Birgit è colpevole di negligenza, violazione dei doveri familiari, falsificazione di documenti e lesioni aggravate e che rischia ora 6 anni di reclusione.

Molestie su 1000 donne: stupratore seriale a processo

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Succede in Germania. Un uomo rischia 15 anni di carcere per aver violentato centinaia di signore su un migliaio abbordate.

Jörg. P, 46 anni, è un insospettabile padre di famiglia reo confesso di aver molestato sessualmente 1000 donne, in svariati modi tra Düsseldorf, Colonia, Bonn, Aquisgrana e Krefeld. Negli ultimi 22 anni ha seminato il terrore in tutta la Germania e anche all’estero, visto che aveva colpito anche in Belgio e in Olanda, ossessionato come era dall’idea di umiliare le donne, specialmente quelle intelligenti. “Per via della mia dislessia, direi che le donne lavoratrici erano le mie preferite. Odio le donne intelligenti”. La specialità di Jörg. P era quella di adescare le vittime fingendo una paralisi alle braccia e farsi quindi aiutare ad urinare. Utilizzando questo squallido stratagemma sono oltre cento le donne che si sono prestate alla sua soddisfazione su un migliaio abbordate. Un vizietto difficile da tenere a bada il suo, visto che, come ha affermato l’investigatore capo Caludia Stickel Brock, Jörg. P ha mietuto vittime anche mentre era in vacanza con la famiglia sul Lago di Costanza.

15 ANNI DI CARCERE - Ma non è per questo che è stato arrestato e processato. Il giudice Wolff del Tribunale di Düsseldorf afferma infatti che il reato non sussiste perché le donne ignare di tutto hanno offerto il proprio aiuto in modo volontario. Il molestatore falso invalido ha avuto vita facile e forse è proprio per questo che si è sentito forte a sufficienza da calcare la mano irrompendo, a volto coperto, nelle abitazioni di nove donne che, minacciate con un coltello, sono state costrette ad avere rapporti sessuali con quello che poi è diventato un vero e proprio stupratore. Arrestato a marzo, è ora sotto processo a Düsseldorf e rischia 15 anni di carcere seguiti da detenzione preventiva. Sono più di 600 le pagine che contengono la ricostruzione dei fatti effettuata dallo stesso stupratore che si mostra adesso dispiaciuto ma rassegnato al fatto che oramai è troppo tardi per sistemare le cose.

Violentava il figlio di otto anni con il fidanzato

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Una madre tedesca, infermiera in un ospedale psichiatrico, ha abusato del piccolo con il compagno. Sospetti anche su un nipote e un compagno di scuola

Sembrava una normalissima madre premurosa, Rosemarie. 39 anni, un lavoro da infermiera all’Ospedale Psichiatrico di Spandau, alle porte di Berlino, un fidanzato e un bambino di 8 anni. Quando nel febbraio di quest’anno la polizia ha arrestato lei e il compagno Andrew Mc G. , come è la norma, il vicini erano scioccati. Il figlio ha infatti trovato il coraggio di raccontare che quella madre premurosa era invece la sua carnefice che da un anno abusava sessualmente di lui in compagnia del fidanzato Andrew.

MATERIALE PEDOPORNOGRAFICO – Ma tutto è partito dalla denuncia effettuata da un’amante dell’uomo che ha trovato materiale pedopornografico nel computer di lui. Da lì risalire a Rosemarie K. è stato un soffio visto che, quando il fidanzato camionista era in servizio, lei registrava gli abusi sul figlio per poi mostrarli all’uomo su internet. Ma se è possibile, la storia ha un risvolto ancora più crudele. La coppia era infatti solita mettere sedativi e antidolorifici nei succhi di frutta del bambino per renderlo docile. Un bambino di 8 anni infatti inizia ad avere una certa forza fisica e mentale ed è molto probabile che opponga resistenza. L’infermiera Rosemarie era esperta di farmaci e per questo era capace somministrarglieli in dosi utili a rilassarlo senza stordirlo.

ALTRI ABUSI - Ma non finisce qui. Oggi la coppia, oltre ad essere accusata dal Tribunale di Berlino per aver abusato sessualmente del piccolo per decine di volte (25 volte lei, 19 volte lui), è anche ritenuta responsabile degli abusi su altri due bambini, una nipote di lei e un compagno di scuola del figlio. La sentenza è prevista per l’8 ottobre di quest’anno ma la detenzione preventiva è scontata visto che i due sono stati considerati dal Procuratore Capo un pericolo per la società. Mentre i due orchi dal carcere si accusano a vicenda cercando di scaricare la responsabilità sull’altro, il figlio di Rosemarie, un’infanzia distrutta, è stato affidato ad una casafamiglia.

Oktoberfest 2010: gli italiani si fanno riconoscere ovunque

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Sono tre i giovani nostri connazionali arrestati dalla polizia di Monaco di Baviera per molestie, percosse e atti vandalici solo nella giornata di sabato. E la gente è stufa.

L’Oktoberfest volge al termine e come ogni anno la polizia inizia a fare la conta dei danni in termini di atti vandalici, furti, feriti e soprattutto arrestati. Quest’anno, le emittenti radio di Monaco hanno deciso di dare informazioni sul traffico e sui parcheggi in lingua italiana perché come sempre sono i turisti del Bel Paese, famosi per uno stile di guida non proprio bavarese, a mandare la città in tilt. Durante l’edizione 2010 gli italiani hanno tenuto fede alla propria nomea di guastafeste e ne hanno combinate di tutti i colori non solo “automobilisticamente” parlando, visto che le forze dell’ordine sono state costrette ad entrare in azione più volte per contenere la furia dei turisti nostrani.

TRE ITALIANI ARRESTATI SABATO – Solo nella giornata di sabato ben tre italiani sono stati arrestati per tre diversi reati. Poco prima delle 17 un italiano di 21 anni è stato beccato mentre urinava nel container-magazzino di una pasticceria. Il commesso che ha cercato di allontanarlo gettandogli addosso dell’acqua ha scatenato le ire dell’urinatore molesto che di tutta risposta gli ha lanciato contro una grossa pietra ferendolo lievemente e distruggendo una bancarella di pretzel. La polizia ha arrestato il ragazzo che, non avendo i 1000 euro fissati per la cauzione, è stato trasferito seduta stante in cella alla centrale di polizia. Dopo le 5 del pomeriggio, una ragazza di 17 anni ha chiamato le forze dell’ordine perché un italiano di 35 anni ha deciso di palpeggiarle il seno e sotto la gonna. Il molestatore è stato arrestato mentre la ragazza, portata inizialmente in centrale per l’interrogatorio e visibilmente in preda a psicosi alcolica, è stata trasportata al pronto soccorso con tasso alcolico pari al 2,45 per mille. Contemporaneamente, un altro italiano, ventenne, è stato arrestato per aver urinato dentro un boccale e, usando lo stesso come arma, per aver colpito alla testa un addetto del servizio d’ordine che lo aveva visto e bloccato. Dopo essere stato atterrato, immobilizzato e arrestato, ha pagato i 750 euro di cauzione ed è stato quindi rilasciato.

EVITATI COME LA PESTE – Un utente del sito dedicato all’Oktoberfest non si capacita del fatto che dopo aver molestato, picchiato e danneggiato, uno possa cavarsela pagando qualche centinaia di euro e tornarsene in Italia con la fedina penale immacolata. Jawo Kanndattan ha lavorato come addetto al servizio d’ordine per l’Oktoberfest durante gli ultimi 38 anni e su Oktoberfestlive.de afferma di apprezzare gli italiani e la loro cultura ma di aver notato che negli ultimi anni durante l’Oktoberfest persino i tassisti preferiscono perdere una corsa piuttosto che caricare un gruppo di turisti provenienti dall’Italia. Questo perché, sempre secondo Tandattan, ultimamente i turisti del Bel Paese in preda ai fumi dell’alcol sono sempre più spesso coinvolti in molestie a danno delle donne, risse e atti vandalici.

Ragazzi viennesi annoiati si divertono a infilzare i passanti

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Nella capitale austriaca due donne sono state ferite da una coppia di giovani armati di cerbottana.

Il 19 settembre di quest’anno due giovani ragazzi viennesi di 18 e 19 anni hanno deciso di sperimentare un nuovo gioco giusto così, per ammazzare il tempo. Si chiama “caccia al passante”: uno guidava la macchina e l’altro, una volta avvistata la preda, la colpiva con una cerbottana caricata a aghi lunghi dieci centimetri.

LA NOIA GENERA MOSTRI – I due cacciatori cerbottana-muniti hanno mietuto due vittime: una pensionata di 67 anni alla fermata del bus di Stockholmer Platz ha avvertito un sibilo nell’aria seguito da un bruciore profondo alla coscia. Una volta accortasi dell’ago conficcato nella carne si è recata immediatamente alla stazione di polizia più vicina. Mentre stava effettuando la ricostruzione dei fatti, una studentessa di 19 anni è arrivata alla centrale in stato di shock, anche lei con la gamba infilzata dal lungo ago. La ragazza ha fatto in tempo a vedere la macchina da cui è partito il dardo ed è stata di grande aiuto per la ricostruzione della vicenda.

REI CONFESSI – Solo oggi la polizia austriaca è riuscita a individuare i due colpevoli grazie alle testimonianze date dai passanti che hanno assistito increduli agli avvenimenti. La cerbottana è stata trovata, distrutta, in un cespuglio sul ciglio della strada in cui sono avvenuti i ferimenti e i due ragazzi, inchiodati dai tanti testimoni, hanno confessato di essere i responsabili di questa insolita e pericolosa battuta di caccia e di averlo fatto per contrastare la noia.

La città che si riscalda con escrementi e avanzi

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In Gran Bretagna si produce biogas dai liquami domestici e dagli scarti di cibo. Alcuni storcono il naso ma British Gas rassicura gli schizzinosi: è un metodo rivoluzionario e non ha cattivo odore.

La ricerca spasmodica di fonti energetiche rinnovabili ha raggiunto forse un momento storico. In Gran Bretagna nella città di Didcot, è stato inaugurato un esperimento pilota che permette di creare metano per uso domestico attraverso la lavorazione dei liquami. Avete capito bene. Niente vento, niente sole e niente forza motrice delle cascate. Per produrre energia 200 famiglie dell’Oxfordshire useranno i propri rifiuti organici.

ENORMI VACCHE MECCANICHE - Il procedimento, frutto della collaborazione tra Thames Water, British Gas and Scotia Gas Networks, è lineare. I liquami prodotti nelle case e nelle fabbriche, insieme ai rifiuti organici dei supermercati e delle industrie alimentari, vengono convogliate al centro di raccoglimento che provvede a separare l’acqua, che verrà poi depurata ed utilizzata per altri scopi, dai rifiuti solidi. Quest’ultimi sono poi sottoposti ad un processo di “digestione” anaerobica in un apposito impianto paragonato ad enorme ventre di vacca, il cui duplice output è costituito da fertilizzanti e gas metano, proprio come accade per i bovini. Un ulteriore passaggio, che a Didcot avviene presso lo stabilimento per la depurazione delle acque del Tamigi, prevede la trasformazione del biogas in biometano adatto a riscaldamenti e piani cottura, che si differenzia da quello industriale per caratteristiche di combustione e di sicurezza. Il gas combustibile nuovo di zecca viene poi ridistribuito attraverso la rete nazionale. E così via. Un ciclo completo, “dalla fogna alla padella” dura poco più di venti di giorni. È risaputo che la creazione di energia elettrica da fonti rinnovabili è il Santo Graal della ricerca scientifica in campo energetico ma British Gas afferma che produrre gas per uso domestico risulta più efficiente visto che nella produzione di energia elettrica da biogas la percentuale di enegia dispersa è pari ai 2 terzi.

UNA STRADA PIENA DI OSTACOLI – Insomma, efficienza, pulizia, rinnovabilità. Ma, come per tutte le innovazioni che paiono proprio capaci di dare un taglio agli sprechi, alla devastazione ambientale e al monopolio degli idrocarburi fossili, la strada è piena di ostacoli. Primo tra tutti la necessità di effettuare un investimento massivo iniziale per poter mettere a regime una quantità di impianti che sia davvero capace di alleggerire l’impronta ecologica del Regno Unito. Martin Omil, capo della British Gas sottolinea che il tutto è stato realizzato nella speranza di una qualche forma di sostegno da parte del Governo che si era impegnato a varare una serie di incentivi dedicati alla ricerca e alla sperimentazione su fonti di energia rinnovabile ma che, troppo impegnato nelle questioni politiche interne ad un governo di larghe intese, pare che al momento abbia deciso di mettere la questione da parte. Nel frattempo, la Adnam Brewery, storica azienda che produce birra, ha annunciato per venerdì l’apertura di una nuova catena di produzione di biogas dai liquami provenienti dalla fabbrica di Suffolk e che rifornirà 235 famiglie del circondario. E non sarà né la prima né l’ultima volta che chi ha lungimiranza e risorse supplisce nella ricerca e nella sperimentazione ad uno stato lento o latitante.

Fidel Castro e quella Cuba da rifare

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I licenziamenti di Stato. L’economia fallimentare. La tentazione della liberalizzazione. E la necessità di un ricambio generazionale. L’isola e il suo capo si interrogano.

A metà settembre il governo cubano ha lanciato una notizia shock: lo Stato licenzierà dai 500 mila al milione di lavoratori statali al fine di rivitalizzare l’economia della nazione.

PROBLEMA MANODOPERA – Sì, perché, secondo l’annuncio, la forza lavoro del settore pubblico, spesso lenta, non motivata, inefficiente e assenteista è più un peso che una risorsa e contribuisce all’impoverimento e all’indebolimento di Cuba. “È necessario rivitalizzare il principio socialista di equa distribuzione pagando ognuno sulla base di quanto e come lavora” si legge nel comunicato  che tenta di trovare una base ideologica che giustifichi l’ondata di licenziamenti. Peccato che la massima marxista che si è cercato di rievocare “da ciascuno secondo le proprie necessità, a ciascuno secondo i propri bisogni” non considerasse neanche per un momento l’eventualità che lo Stato si liberasse della sua forza lavoro spingendola verso attività commerciali di stampo capitalistico. Un licenziamento di massa quindi che interesserà dal 10 al 20% dei lavoratori statali sta per investire lo stato comunista senza che si faccia neanche troppo rumore. Il governo si aspetta, ingenuamente, che i neo-licenziati riportino linfa vitale al sistema economico improvvisandosi novelli imprenditori e rimpinguando quindi le casse dello stato che pretende tasse esorbitanti per l’esercizio di attività commerciali private (fino al 40%). Se questa fosse almeno una misura realistica per risollevare e arricchire il Paese, per quanto impopolare, non susciterebbe lo scetticismo dei maggiori economisti cubani e internazionali.

ECONOMIA FALLIMENTARE - Secondo Foreign Policy, la natura di questa manovra è del tutto fallimentare per diversi aspetti. In un sistema economico di stampo stalinista, in cui, come si legge in un articolo della BBC del 14 settembre scorso, l’85% della forza lavoro nazionale è impiegata nel pubblico e in cui una cultura di iniziativa individuale si limita a pochi esercizi commerciali di base è poco plausibile che un milione di persone riescano a collocarsi con successo in un tessuto imprenditoriale quasi inesistente. Che paghino poi le tasse, non se ne parla proprio. Il rischio è quindi quello di andare ad alimentare il mercato nero del lavoro lasciando l’erario a bocca asciutta.

LICENZIAMENTI SENZA FRONTIERE - Il licenziamento di massa non rappresenta uno strumento per alleggerire e modernizzare la macchina statale se non accompagnato da riforme strutturali, culturali e politiche. Foreign Policy chiama in causa esempi storici in cui la trasformazione del sistema economico di un paese è stata portatrice di ricchezza: Repubblica Ceca, Estona, Polonia, Slovenia, ex Germania Est e Ungheria hanno considerato l’abolizione di qualsiasi restrizione alle libertà personali come conditio sine-qua-non per effettuare il passaggio da un sistema economico pianificato ad uno capitalistico. L’accesso al credito, alle risorse scientifiche e tecnologiche, alla conoscenza e alle comunicazioni transnazionali sono l’humus per la fioritura economica imprenditoriale. Una popolazione di disoccupati, a cui viene negato qualsiasi possibilità di accumulare capitale, materie prime, strumenti tecnologici e culturali è destinata a restare indietro e a dedicarsi a pratiche illegali per dare da mangiare ai figli.

LIBERALIZZARE? - E qui sorge un dubbio. Come è possibile che lo Stato sia disposto a togliere il lavoro a mezzo milione di persone e rischiare quindi il montare del malcontento, della miseria e quindi della delinquenza? Non sarà che i licenziamenti andranno a colpire in modo mirato coloro che, secondo il Governo, hanno i mezzi per sopravvivere? Manuel Orozco, esperto di immigrazione cubana e membro del think-tank Inter-American Dialogue di Washington D.C , pensa che ci sia il rischio che i primi ad essere licenziati siano coloro che hanno legami con gli esuli, ma la questione ideologica non c’entra niente. Infatti, in un’intervista rilasciata a Reuters, Orozco ha affermato che “liberalizzare l’economia Cubana farà sì che il 10% dei cubani che ricevono denaro da familiari e amici emigrati investirà in piccoli esercizi commerciali”. Ma come è possibile che lo Stato ora abbia bisogno del capitale di quegli stessi cubani fuggiti all’estero che ha maledetto e bandito per decenni?

IL FATTORE RAUL - John Kavulich, membro dello U.S.-Cuba Trade and Economic Council in un’intervista al New York Times insiste sulla contraddizione ideologica che Cuba sta portando avanti: “Il governo vuole incoraggiare le persone a dedicarsi all’imprenditoria ma che succederà quando qualcuno diventerà ricco per davvero?”. Da quando Raùl Castro ha preso le redini di Cuba molti hanno interpretato qualunque sua affermazione o decisione come il preludio dell’inizio della transizione verso la democrazia. Si tende a considerare Raùl come l’homo novus pragmatico e idologicamente meno radicato del fratello senza però ricordarsi che per convertire un regime da totalitario a democratico non basta il pragmatismo. Si tratta di un passaggio doloroso, forse il più complesso che una nazione possa compiere che, quando non implica spargimenti di sangue, avviene attraverso lente e difficoltose trasformazioni culturali, sociali e poi economiche. È un cambiamento traumatico che richiede determinazione e una visione del mondo totalmente nuova rispetto allo status quo. Evidentemente confidare in un manipolo di ottantenni non appare un’alternativa plausibile.

RICAMBIO GENERAZIONALE – Secondo Foreign Policy ciò che probabilmente avverrà è che una nuova classe dirigente più giovane sostituirà i gerontocrati (ma solo dopo la morte dei Castro) che avranno lasciato loro in eredità un paese in totale bancarotta. A questo punto si troveranno ad un bivio: tenere in piedi un regime chiuso e rugginoso e rischiare che la nazione scoppi come una pentola a pressione dando origine a una vera e propria guerra civile o far partire la transizione democratica e di apertura? Certo, non sarà facile. Cuba è una nazione che deve reimparare a camminare su nuove gambe e verso nuovi obiettivi economici e sociali.


Trucco, parrucco e paillettes: chi ha ucciso la mini beauty queen?

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A 14 anni dalla morte della piccola JonBenet Ramsey la polizia riapre le indagini e con queste l’annosa questione: i concorsi di bellezza per bambini giovano all’autostima delle baby miss o le mettono in pericolo?

È di ieri la notizia che il caso di JonBenet Ramsey, la baby miss americana picchiata e strangolata alla tenera età di sei anni a Boulder, Colorado, è stato riaperto a distanza di 14 anni. Gli investigatori ritengono infatti che con le moderne tecniche investigative di cui ora dispongono il mistero del brutale omicidio della reginetta di bellezza potrebbe finalmente essere risolto. La polizia per adesso ha formalmente richiesto un colloquio con il fratello della vittima, Burk, che all’epoca aveva solo 9 anni, sperando in un qualche ricordo che possa dare una svolta all’indagine appena riaperta.

COME IN UN FILM – Inizialmente era stata proprio la famiglia di JonBenet ad essere stata messa sotto accusa da parte di investigatori e giornalisti. Quest’ultimi poi, trascinati dal potere mediatico della vicenda che teneva col fiato sospeso milioni di lettori, si lasciarono andare a libere interpretazioni talvolta anche molto azzardate e corroborate da nessun tipo di prova. Cinicamente parlando la storia e tutte le sue varie versioni, vendevano alla grande. JonBenet Ramsey è una bambina dalle fattezze di una bambola. La madre, a sua volta ex beauty queen, si aggrappa con le unghie e con i denti alla sua perduta giovinezza agghindando la figlia di pizzi e merletti e facendola partecipare a decine di concorsi di bellezza fin dai primi anni di vita. Il portamento, l’eleganza, il sorriso cementato sul visino, sono un must e solo se la bimba saprà raggiungere la perfezione sarà una vincente nella vita. La notte di Natale del 1996 JonBenet sta dormendo nel suo lettino quando si accorge di aver bagnato il letto. Va dalla madre che presa da un raptus di follia la uccide. Il padre John, facoltoso manager e self-made-man, per proteggere la donna e la facciata perfetta della propria famiglia, inscena un rapimento con tanto di due pagine di lettera di riscatto. La polizia invece fin dall’inizio avevano sospettato proprio che fosse stato lui. Il padre mostro che molesta e infine ammazza la figlioletta. Uno sceneggiatore hollywodiano non avrebbe saputo fare di meglio. L’unico, piccolo dettaglio è che secondo l’esame del DNA le cose non erano andate affatto così. La famiglia è stata indagata a lungo e le accuse sono state ritirate a suo tempo. La madre poi, scomparsa nel 2006 per un cancro alle ovaie, non è più neanche nel “quadretto”. I media, dopo averla accusata del più terribile dei reati, l’hanno messa da parte. La storia di una madre innocente non vendeva più. Un’ultima versione gettonata vedeva invece la piccola  vittima di un pedofilo ossessionato dall’aspetto bambolesco di JonBenet, trasformata dalla madre in una mini Barbie ammiccante e plastificata.

L’INFANZIA RUBATA – L’ossessione della madre per la grazia e il portamento della figlia sembra a questo punto totalmente la causa della tragedia. Negli anni scorsi molti hanno puntato il dito contro questo aspetto della vita della piccola JonBenet. Una bimba derubata della propria infanzia e del proprio diritto alla spontaneità. Una creatura artificiosa nelle mani di una madre superficiale e frivola che preferiva spendere e spandere in concorsi, trucco e parrucco piuttosto che portare la figlia a divertirsi come tutti i bambini di 6 anni. Quanto questo aspetto sia rilevante al fine di dipanare il mistero dell’omicidio non è dato sapere. La cosa certa è che quella che è stata uccisa era una bambina dalla vita verosimilmente complessa.

CANZONI, BALLETTI E DEFILE’Il fenomeno dei “beauty pageant” per bambini è nato negli USA negli anni Sessanta. All’epoca bastava un vestitino elegante e un fiocco di seta tra i capelli per sentirsi agghindata a festa. Attualmente sono circa 3 milioni le iscrizioni che ogni anno pervengono ai concorsi di bellezza riservati alle aspiranti reginette e ad oggi non è raro che queste sfoggino meches, estensions, trucco pesante e “flippers” ovvero capsule per coprire i dentini caduti. Le concorrenti si sfidano a colpi di sorrisi, canzoni, balletti e defilé e si contendono premi in denaro e titoli regionali, statali e nazionali. In un articolo uscito nel febbraio di quest’anno su ABC News, April Brilliance, Miss Maryland in carica e direttrice di un circuito di concorsi nello stesso stato, afferma che per le bambine è come “giocare ad essere Cenerentola per un giorno”. Quello che però bisogna tenere a mente è che per arrivare a quel giorno, le aspiranti principessine passano ore e ore a perfezionare esibizioni e coreografie, provando vestiti e acconciature sempre sotto lo scrutinio implacabile di un esercito di mamme e nonne con un passato da beauty queen mediocri o da brutti anatroccoli frustrati e che proprio per questo vedono nelle loro piccole un’occasione di rivalsa. A cinque anni sfilare in abiti di paillettes da 2000 dollari, con la faccia impiastricciata di fondotinta arancione e ciglia finte, davanti ad una commissione che toglie punti per un dentino sporgente, una camminata impacciata o una nota stonata non è come giocare a Cenerentola. Perché il bello del gioco è proprio il divertimento fine a se stesso che niente ha a che vedere con i voti, i premi in denaro, la copertura televisiva e le aspettative di un genitore.

MAMME ECCESSIVE – In Italia concorsi del genere non esistono. Esistono i talent show per bambini, non veri e propri concorsi di bellezza. Ma curiosando nei forum frequentati dalle mamme nostrane ci si può imbattere in messaggi come questo:

Ieri pomeriggio, prima di uscire, mi sono vista in tv un documentario assai particolare, fatto in America, sui concorsi di bellezza per bambine. All’inizio ero un po’ meravigliata poi mi sono lasciata decisamente coinvolgere ! Che mondo meraviglioso! cioè, vi spiego .. Innanzitutto queste mamme non si vergognavano di essere così eccessive. questa cosa mi è piaciuta un sacco, perchè anche io stravedo per l’universo della Bellezza, anche io sono portata ad essere così esagerata, per me la Bellezza è come una religione, è un modo di essere e di vivere. In modo totale ed appassionato. in Italia c’è ancora molta ipocrisia e una certa condanna per la vanità.

Senza entrare nel merito del post, la domanda nasce spontanea: perché gli eccessi, le passioni e la vanità delle mamme ossessionate dalla “Bellezza” con la B maiuscola si dovrebbero in qualche modo ripercuotere sulle attività imposte alle figlie?

AUTOSTIMA O AUTODISTRUZIONE?Syd Brown, psicologo dello sviluppo e della fase adolscenziale di stanza in Maryland, interpellato dalle reporter di ABC News afferma che questo tipo di concorsi ha sicuramente un effetto negativo sullo sviluppo psicologico delle giovani concorrenti che fin dai primi anni di età iniziano ad essere giudicate per il loro aspetto fisico, abbigliamento e portamento. Un rischio concreto è che la bambina non riesca poi ad accettare i cambiamenti del proprio corpo in fase di sviluppo come ad esempio l’aumento di peso o l’eventuale comparsa dell’acne giovanile. Le mamme invece ritengono che partecipare a queste gare non faccia che rafforzare l’autostima delle figlie. Quando vincono, aggiungeremmo noi, perché che una mamma spenda migliaia di dollari tra vestiti, iscrizione, make-up e lezioni di danza solo per il gusto di partecipare pare piuttosto inverosimile. Brown sottolinea inoltre che vestire una bambina di 6 anni come un’adolescente e farla esibire sul palco in coreografie ammiccanti oltre a rappresentare una totale forzatura di quelli che sono i tempi di sviluppo fisiologico del corpo e della mente rischia anche di esporre le bambine alle pericolose attenzioni di individui malintenzionati.

“Viva China!”: Chavez applaude per la censura al Nobel

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Il presidente venezuelano esprime solidarietà nei confronti di Pechino e attacca il Premio Nobel per la Pace e l’opposizione che lo vuole libero : ” Liu Xiaobo è un criminale”.

Tutto il mondo si è commosso per l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Liu Xiaobo, l’attivista cinese per i diritti umani che, in prigione per attività sovversiva e contro-rivoluzionaria che ha saputo dell’importante riconoscimento solo giorni dopo quando è stato raggiunto dalla moglie. Tutto il mondo tranne Hugo Chavez che ieri durante la sua trasmissione quotidiana “Hello Presidente”, per il secondo anno di fila ha affermato la sua contrarietà riguardo al destinatario del Premio Nobel per la Pace e la sua solidarietà al Governo cinese.

COME BARACK OBAMA – “Viva China!” ha esclamato durante il collegamento. “Liu Xiaobo è un dissidente nemico della rivoluzione che ha infranto le leggi del suo Paese. Questo Liu è come Barack Obama” ha ribadito il presidente venezuelano intendendo così che per il secondo anno di seguito il premio è stato assegnato ad un personaggio incoerente e nemico della pace. Una posizione netta quindi e che mira a dissociarsi totalmente dall’opposizione che auspica invece la scarcerazione dell’attivista cinese. Secondo il Presidente, per l’ennesima volta l’opposizione si appiattisce sulle volontà degli Yankees, reclama la pace ma non si scompone di fronte alle guerre in Iraq e in Afghanistan che hanno portato e continuano a portare morti e distruzione.

INTERESSI ECONOMICI O IDEOLOGIA? – In un articolo dell’emittente latinoamericana Telesur, Chavez ha inoltre sottolineato che, se l’opposizione dovesse tornare al governo, sicuramente interromperebbe tutti i rapporti diplomatici, economici e militari con Pechino causando ingenti danni alla nazione venezuelana in termini di sviluppo agricolo, edilizio e militare. Il leader venezuelano, intervistato ieri a Rafael José Revenga, nello Stato centrale di Aragua, ha insistito sull’importanza del legame con la Cina per l’ammodernamento delle infrastrutture del paese andino e ha ricordato che oggi una delegazione cinese inizierà a definire una serie di progetti che mirano all’espansione delle imprese siderurgiche e tecnologiche del Venezuela. Interessi economici che si precano quindi: Chavez condanna Liu Xiaobo per ideologia o semplicemente perché i nemici dei suoi ricchi amici devono necessariamente essere suoi nemici?

Il pilota che ha avuto cinquemila donne

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James Hunt, campione del mondo nel 1976, oltre a darsi all’alcool e alla droga era affetto da una vera e propria sesso-dipendenza. E ci hanno anche scritto un libro.

James Hunt, leggenda della F1 britannica e vincitore del Campionato del Mondo del 1976 era più dedito al sesso che allo sport. I suoi colleghi lo affermano in un libro The Story of James Hunt di Tom Rubython (edito da The Myrtle Press) in cui emerge che, in 30 anni,  Hunt è andato a letto con circa 5 mila donne. I suoi compagni affermano inoltre che, nonostante il pilota non disdegnasse neanche alcool e stupefacenti, il sesso restava la sua droga preferita.

SESSO-DIPENDENTE – Nel suo libro, Rubython accenna al fatto che durante le trasferte, Hunt e l’amico Barry Sheene, motociclista di successo, erano soliti fare sesso, anche insieme, con varie hostess, arrivando a volte alla quota shock di quattro per notte. Hunt era affetto da una vera e propria dipendenza che doveva necessariamente placare in modo istantaneo. Patrick Head, proprietario della Williams, racconta addirittura che proprio durante quel Gran Premio di Giappone che lo incoronò campione del mondo un pit-stop gli fu sufficiente per l’ennesimo incontro sessuale.

UN MATRIMONIO A ROTOLI -  Il matrimonio con Suzy Miller celebrato nel 1975 ha avuto vita breve perché, come è facile immaginare, questa non riuscì ad accettare lo stile di vita del compagno a cui fu inoltre costretta a versare 1 milione di dollari di alimenti. All’attore Richard Burton, che lo sostituì al fianco della bella Miller, un Hunt sprezzante e provocatorio espresse la sua gratitudine: “ Mi hai fatto un meraviglioso regalo accollandoti la spesa più allarmante del Paese”. Il pilota di F1, che il quotidiano tedesco Bild ha paragonato ad una versione retrò di Tiger Woods, è morto di infarto nel 1993 e verrà sempre ricordato per la t-shirt che indossava sempre sotto la tuta da corsa con su scritto “Sesso: la colazione dei campioni”.

Il sorriso ritrovato di Aisha

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La diciottenne afghana sfigurata dai talebani e resa famosa dalla copertina del Time è a Los Angeles sarà sottoposta a mesi di chirurgia. Ecco i primi incredibili risultati.

Tutti si ricordano la copertina del Time di agosto che riportava il primo piano di Aisha, una ragazza afghana di 18 anni sfigurata dal marito per aver tentato di sfuggire ai suoi soprusi. Le erano stati tagliati naso e orecchie ed era poi stata lasciata lì in terra, pensando fosse morta. Nell’omertà generale era riuscita a convincere il padre a portarla alla Forward Operating Base Ripley americana dove era stata accolta e medicata. Sempre in agosto la notizia della partenza di Aisha per gli States per sottoporsi ad un intervento ricostruttivo offerto dal Grossman Burn Center di West Hills, CA.

MANIPOLAZIONE AMERICANA – Va da sé che il regime talebano tutt’altro che debellato in alcune zone dell’Afghanistan abbia condannato il Time sia per l’inchiesta “What happens if we leave Afghanistan?” sia per il messaggio a loro dire distorto trasmesso dall’immagine di Aisha. In agosto un portavoce talebano, dopo aver affermato che una copertina del genere fosse solo l’ennesima manipolazione americana volta a spostare l’attenzione dagli insuccessi della guerra, aveva poi sottolineato “Nella sacra legge islamica, tagliare le orecchie e il naso di un essere umano, che questo sia vivo o morto, è illegale e proibito. Sotto la Sharia, se qualcuno si macchia di questo atroce reato, questi verrà punito allo stesso modo”.

http://a.abcnews.com/images/News/abc_bibi_aisha_101011_mn.jpg

MAKEOVER – Fatto sta che Aisha, dopo due mesi di trattamenti sta già vedendo i primi risultati e proprio ieri, in occasione del conferimento del Premio Enduring Heart, ha mostrato al mondo il primo passo del suo “makeover”. Le è stata infatti creata una protesi speciale per il naso che la ragazza può applicare da sola. Il trucco dei make-up artist di Hollywood ha fatto il resto. Ma è solo l’inizio. Mancano ancora sei mesi alla fine delle cure che restituiranno ad Aisha un volto e un po’ di serenità. Mancano invece sicuramente più di due mesi prima che lo stesso accada per il suo Paese.

Si impicca in diretta web, mentre il pubblico lo incita a farla finita

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In una cittadina svedese, un ragazzo di 21 anni si è suicidato in streaming. Gli utenti di un forum gli dicevano che era troppo codardo per farlo e per due ore non hanno dato l’allarme.

Ieri mattina, poco prima di mezzogiorno aveva cominciato ad accennare sul forum del sito Flashback.org che stava pensando di farla finita. Nessuno che si sia preoccupato di allertare la polizia. È andato avanti per due ore, ma quello che ha ottenuto erano solo commenti di scherno e di sfida. Il coraggio ce l’aveva e gliel’avrebbe fatto vedere in diretta web. Alle 13.45 qualcuno ha avvertito le forze dell’ordine che sono arrivate all’appartamento del giovane dopo un quarto d’ora. Troppo tardi, la diretta era già finita nel peggiore dei modi.

IL SOPRAVVISSUTOOres Malmerengen (foto), 34 anni, è un sopravvissuto. Due anni fa, dopo aver annunciato online la sua intenzione di togliersi la vita, è stato salvato dalla polizia che ha fatto irruzione nella sua casa di Stoccolma appena in tempo. Ora sta bene e studia per diventare infermiere. “Gli utenti del forum sembravano elettrizzati. Mi dicevano che tanto non avevo il coraggio e non hanno fatto altro che darmi la carica per farla finita. Online non c’è alcun tipo di empatia. È necessario rivedere le tecniche di moderazione di queste comunità virtuali”.

SI POTEVA EVITARELotta Thyni, portavoce della Polizia afferma che, nonostante qualche utente abbia provato a dissuadere il ragazzo, i molti commenti cinici e provocatori hanno una buona parte di responsabilità per l’accaduto.“Sono convinta che molti abbiano inoltre assistito alla scena pensando che fosse uno scherzo. È un fatto spaventoso che si poteva evitare. Purtroppo però è inverosimile che la polizia possa monitorare tutti i forum, le chat e i blog e intervenire nei casi sospetti” ha terminato la portavoce.

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